Samaden (Inter): “Senza esasperazioni, il calcio è uno straordinario strumento di crescita: che per i ragazzi adottati vuol dire anche inclusione”

SamadenNell’albo d’oro del torneo “Amici dei Bambini” è la squadra più titolata. Ma domenica 12 giugno, quando sul campo di via Orsini a Milano si disputerà l’ultimo atto della XII edizione della manifestazione ideata dall’Unione sportiva Aldini Bariviera, saranno chiamati al compito più difficile: quello di confermarsi campioni. I calciatori in erba della categoria Esordienti 2003 dell’Inter, proveranno infatti a difendere il titolo conquistato nel 2015 dai loro compagni di un anno più grandi. Lo faranno incontrando le formazioni giovanili di altre società sia dilettantistiche che professionistiche arrivate alla fase finale del torneo: Brescia, Genoa, Milan, Novara, Folgore Caratese, Accademia Inter e i padroni di casa dell’Aldini.

Indipendentemente dall’esito sportivo, però, i ragazzi dell’Inter e i loro coetanei delle altre società sono già sicuri di aver ottenuto il risultato più importante: aver aiutato tanti bambini e tante mamme in difficoltà. Come ogni anno, infatti, il torneo Amici dei Bambini unisce il calcio alla solidarietà, sostenendo i progetti e le attività di Ai.Bi. Per l’edizione 2016, la società del presidente Massimiliano Borsani ha deciso di devolvere il ricavato della manifestazione a favore della campagna Fame di Mamma per la lotta all’abbandono in Italia.

Il calcio, del resto, è prima di tutto uno strumento educativo, capace di insegnare ai ragazzi i valori umani, tra cui la solidarietà occupa un posto primario. Lo sa bene Roberto Samaden, responsabile del settore giovanile dell’Inter. Laureato in economia e commercio, Samaden è stato componente del Centro Studi e Ricerche della Figc e allenatore delle varie formazioni giovanili nerazzurre.

 

Che ruolo riveste, secondo lei, lo sport nella crescita umana di un bambino o di un ragazzo?

Lo sport in generale ha un peso specifico notevole nella formazione di ogni individuo. Il calcio, in particolare, poi, come tutti gli sport di squadra, ha una doppia valenza. Trattandosi di una disciplina di squadra, è un mezzo con cui i bambini imparano a stare in gruppo, a rispettare le regole del gruppo, ad aiutare gli altri.

 

L’Inter è una delle società più importanti nel panorama del calcio italiano ed europeo. Come opera, nello specifico, per fare del calcio un’importante strumento educativo?

Puntiamo soprattutto sulla formazione del personale adulto che segue i ragazzi in modo che sia in grado di presentarsi prima di tutto come educatore di valori. Indipendentemente da quello che sarà l’esito della carriera calcistica, per noi è importante che i nostri ragazzi vivano questa esperienza nel modo giusto, senza l’esasperazione del risultato: come una possibilità formativa e di crescita.

 

Nella sua carriera le sarà capitato certamente di avere in squadra dei ragazzi adottati. Il calcio può aiutarli nel loro, non sempre facile, percorso di integrazione?

Lo sport deve essere un mezzo di inclusione a tutti i livelli. Pertanto ritengo sia perfino scontato che il calcio possa facilitare l’ingresso dei ragazzi provenienti da altre culture nelle loro famiglie o nella società che li ospita. Partecipare a un’iniziativa come il torneo Amici dei Bambini, poi, è una grande occasione di crescita perché contiene, già di per sé, un messaggio positivo.

 

Il calcio è la passione di milioni di bambini che sognano di diventare calciatori o che sono semplicemente tifosi. Le cronache periodicamente però ci raccontano di calcioscommesse e partite truccate, cose che minano profondamente la credibilità di questo sport. Come fare quindi ad aiutare i ragazzi a non sentirsi “abbandonati” dal loro sport preferito e a crederci ancora?

Ancora una volta sono fondamentali le persone più vicine ai ragazzi: i loro allenatori, ma anche il resto dello staff, dai magazzinieri ai fisioterapisti fino ai dirigenti. L’educazione sportiva dei bambini dipende da loro: se fanno vivere male la dimensione sportiva, se esasperano il risultato non producono nulla di buono. Non affidiamo il ruolo di allenatore a una persona semplicemente perché ha giocato in serie A, ma per i suoi aspetti umani. Gli allenatori devono lasciare qualcosa nei ragazzi, devono rimanere davvero nel loro cuore.