Sei figli, un affido, tre adozioni e una quarta ai nastri di partenza…dalla Bolivia al Kosovo all’ Italia, la parola d’ordine è una sola: accogliere sempre e chiunque.

De BonisLa felicità ha trovato casa e si è accomodata per bene a casa De Bonis, come ben dimostra questa foto, con i sorrisi e le espressioni gioiose di Chiara, Igor e dei loro sei figli. Anzi, c’è ancora posto. E presto o tardi è probabile che su quel divano si sieda un fratello o una sorella in più.  “E’ vero, saremmo felicissimi di accogliere un altro bambino, magari grandicello – dicono Chiara e Igor, che abitano a Bolzano e sono testimoni odierni di #iosonoundono – : leggiamo sempre la rubrica ‘Figli in attesa’ sul sito di Ai.Bi e non riusciamo a darci pace del fatto che tanti bambini, oltre ad aver subito l’abbandono, anche in ragione della loro età o di un problema di salute, rischino di venire dimenticati e non trovare mai famiglia”.

Questa storia straordinaria di accoglienza parte da lontano per Chiara e Igor che già da fidanzati sognavano di poter adottare un bambino. Proprio il mese scorso ho rivisto i miei compagni di liceo dopo quasi 20 anni dalla maturità  – racconta Chiara – e alcuni di loro ricordavano che già a scuola pensavo all’adozione, quindi non erano affatto stupiti per il fatto che lo avessi fatto davvero!

L’idea era già nel mio cuore e nella mia mente e per fortuna ho potuto condividerla con mio marito. Adesso insegno ai miei figli che sento come un’ingiustizia la sofferenza dei bambini senza genitori: il figlio più grande, originario della Bolivia, mi dice sempre che anche lui adotterà: speriamo possa realizzare questo sogno!”.

La famiglia De Bonis comincia in Bolivia: Douglas arrivò in Italia da La Paz nel 2006, quando aveva due anni e mezzo. “All’epoca la cosiddetta trafila burocratica ci era sembrata lunga, poi se ci pensiamo oggi, non è stato nulla – dice Igor – Non solo, ci  è andata anche bene perché all’epoca accadde che  subito dopo chiusero le adozioni in Bolivia. Douglas poi era un bimbo sano perciò abbiamo il ricordo gioioso di una esperienza arricchente per noi, che conoscemmo una nuova cultura e un paese bellissimo. Il bambino ci ha preso subito per mano e abbiamo iniziato la nostra avventura”.

Così i De Bonis pensarono subito a una adozione bis. “Avevamo già concluso tutte le pratiche e aperti all’accoglienza di un bambino delle liste special needs quando arrivò una richiesta di un bambino davvero speciale, con sindrome di Down – ricorda Chiara – :  all’epoca Jonathan aveva 1 anno e così entrò in famiglia in affido , in modo da non interrompere la nostra pratica adottiva in corso”.  Il bambino, dopo un periodo di affido protetto, diventò figlio con l’adozione e oggi, a poco più di 8 anni, va allegro a scuola e torna a casa altrettanto felice di passare del tempo con i fratelli.E’ dolce con loro e al tempo stesso insegna a essere persone migliori”.

Ma il dono dell’accoglienza non era ancora esaurito. Era la volta di Sara, oggi 10 anni, un caso di abbandono e di necessità sanitarie complesse che i De Bonis hanno affrontato con amore e determinazione. Sara attendeva in Kosovo.

Grazie all’intervento di un medico che si rifiutava di curare una bambina di 3 anni e mezzo con metodi antichi, scattò l’appello urgente di adozione internazionale – dicono i De Bonis – : Sara stava molto tempo sola nel letto, con una displasia delle anche che le impediva di muoversi e camminare. L’abbiamo incontrata che si dondolava parecchio, non parlava e quando siamo tornati in Italia addirittura i medici ci dissero che non era recuperabile. Ma noi non abbiamo voluto crederci”.

Così, dopo vari interventi e ingessature all’ospedale Rizzoli di Bologna, tanta riabilitazione e fisioterapia, Sara oggi è in piedi, cammina, corre, va in bici e nuota: tutta la salita percorsa, fatta di paure e pazienza, si ricorda solo in una soletta ortopedica che cerca di equiparare il centimetro di differenza tra una gamba e l’altra. “Siamo partiti da zero anche per lavorare sulla parola perché la lingua era come atrofizzata, non le avevano nemmeno insegnato a mangiare e bere – dice Igor – Abbiamo il vantaggio in Italia di avere ospedali di eccellenza e assistenza sanitaria: è importante ricordarlo, altrove non sarebbe stato possibile”.

Chiara e Igor sono anche diventati mamma e papà biologici: nel 2009 è nata Isabel, nel 2012 due gemelli, Pietro e Agnese, bambini accolti in momenti particolari della vita di famiglia. E’ una storia che lascia disarmati, per la naturalezza e la serenità con cui viene narrata, abituati come siamo a vedere spesso gli ostacoli e le difficoltà davanti a tutto. Anche all’amore e alle enormi possibilità che porta con sé.

Una domanda sorge tuttavia spontanea: come si incastra tutto quanto in una famiglia numerosa? Igor fa molti turni di notte e in parte lavora da casa, i nonni danno una mano per le attività pomeridiane dei bambini, nessuna baby sitter all’orizzonte. E Chiara, che lavora in un ufficio tutte le mattine, è capace di spiazzare qualsiasi madre alle prese con questioni meno rilevanti: “Sono fortunata perché lavoro mentre i bambini sono a scuola!”, ammette candidamente.

Chiara e Igor sono perfettamente consapevoli di aver fatto una scelta totalmente dalla parte dei bambini: “La nostra scelta richiede tanto impegno, bisogna dedicarsi, soprattutto quando si hanno bambini che hanno bisogno di cure – concludono – . Certamente anche la fede ha accompagnato il nostro cammino e noi abbiamo sempre affidato a S. Teresa di Calcutta, cui siamo devoti, i nostri percorsi di vita: non a caso abbiamo chiamato Agnese la nostra ultima bimba, il nome al secolo di Madre Teresa”.