Senza bambini e giovani, un Paese perde il suo desiderio di futuro

Intervenuto agli Stati Generali della Natalità, il Pontefice ha ribadito come: “Il nostro esserci non è frutto del caso: Dio ci ha voluti, ha un progetto grande e unico su ciascuno di noi, nessuno escluso”

Giovedì 9 e sabato 10 maggio si è svolta, a Roma, la quarta edizione degli Stati Generali della Natalità, un evento quanto mai importante in un Paese come l’Italia, da tempo alle prese con una preoccupante denatalità che ha raggiunto nel 2023 il nuovo record negativo con appena 379mila nuovi nati.
Tra i tanti ospiti e le autorità che si sono succedute sul palco, l’iniziativa condotta da Gigi de Palo ha potuto contare sulla presenza più prestigiosa: quella di Papa Francesco, intervenuto venerdì 10 maggio al mattino.

Realismo, lungimiranza e coraggio

Il Papa, nel salutare tutti i presenti, ha subito voluto sottolineare come ogni “dono di un figlio… ci ricorda che Dio ha fiducia nell’umanità”. Legandosi al motto degli Stati Generali (Esserci più giovani più futuro), Bergoglio ha spiegato che il nostro “esserci non è frutto del caso: Dio ci ha voluti, ha un progetto grande e unico su ciascuno di noi, nessuno escluso”.
La riflessione del Papa si è poi articolata seguendo tre parole chiave: realismo, lungimiranza e coraggio.
Il realismo, prima di tutto, è quello che dovrebbe portare a considerare ogni vita umana non come “un problema”, ma come “un dono”. Perché “alla base dell’inquinamento e della fame nel mondo non ci sono i bambini che nascono, ma le scelte di chi pensa solo a sé stesso, il delirio di un materialismo sfrenato, cieco e dilagante, di un consumismo che, come un virus malefico, intacca alla radice l’esistenza delle persone e della società”. Da qui la considerazione che, guardando a tutto il mondo, il problema non è la sovrappopolazione ma “l’egoismo, che crea ingiustizie e… rende sordi alla voce di Dio, che ama per primo e insegna ad amare, e alla voce dei fratelli che ci stanno accanto; anestetizza il cuore, fa vivere di cose, senza più capire per cosa”. Ecco, allora, che “le case si riempiono di oggetti e si svuotano di figli, diventando luoghi molto tristi”.
Ma i bambini e i giovani sono il futuro di un Paese e, per questo, deve sempre esserci la speranza, anche se il Vecchio Continente appare “stanco e rassegnato, così impegnato a esorcizzare le solitudini e le angosce da non saper più gustare, nella civiltà del dono, la vera bellezza della vita”.

Guardare al futuro compiendo scelte concrete e a lungo termine

Il Papa, però, non si ferma alle considerazioni, ma si chiede “Perché non si riesce a frenare questa emorragia di vita”?
L’inizio di una possibile risposta è nella seconda parola chiave citata: “lungimiranza”. Serve sia a “livello istituzionale”, con “politiche efficaci, scelte coraggiose, concrete e di lungo termine”; sia a livello sociale, con la promozione di una “cultura della generosità e della solidarietà intergenerazionale, per rivedere abitudini e stili di vita, rinunciando a ciò che è superfluo allo scopo di dare ai più giovani una speranza per il domani, come avviene in tante famiglie”.
Perché il futuro di figli e nipoti, ha ricordato il Papa, si costruisce anche “con le schiene doloranti per anni di fatica e con i sacrifici nascosti di genitori e nonni, nel cui abbraccio c’è il dono silenzioso e discreto del lavoro di una vita intera. E d’altra parte, il riconoscimento e la gratitudine verso di loro da parte di chi cresce sono la sana risposta che, come l’acqua unita al cemento, rende solida e forte la società. Questi sono i valori da sostenere, questa è la cultura da diffondere, se vogliamo avere un domani”.

Il futuro si costruisce insieme

La terza parola chiave è, infine, “coraggio”. Una parola che il Papa rivolge in particolare ai giovani, chiedendo loro di non arrendersi di fronte a tutto ciò che rende il futuro inquietante. Perché “il domani non è qualcosa di ineluttabile: lo costruiamo insieme, e in questo “insieme” prima di tutto troviamo il Signore. È Lui che, nel Vangelo, ci insegna quel “ma io vi dico” che cambia le cose (cfr Mt 5,38-48): un “ma” che profuma di salvezza, che prepara un “fuori schema”, una rottura. Facciamo nostro questo “ma”, tutti, qui e ora. Non rassegniamoci a un copione già scritto da altri, mettiamoci a remare per invertire la rotta, anche a costo di andare controcorrente”!
In questa visione del futuro, il Pontefice ha ricordato anche il ruolo fondamentale dei nonni, che non possono essere “scartati” e mandati nella case di riposto: “Questo è un suicidio culturale! Il futuro lo fanno i giovani e i vecchi insieme; il coraggio e la memoria, insieme. Per favore, parlando di natalità, che è il futuro, parliamo anche dei nonni, che non sono il passato: aiutano il futuro”.

Il testo integrale dell’intervento di Papa Francesco agli Stati Generali della Natalità si può leggere QUI