Vincenzo Starita agli operatori del Veneto: “Ecco la nuova adozione internazionale”

Il Vice Presidente della CAI, durante l’incontro di apertura di un percorso di formazione lungo 12 mesi per tutti gli operatori delle adozioni, ha esposto caratteristiche e prospettive della “nuova” adozione internazionale

La Regione Veneto ha iniziato un percorso di 12 mesi di formazione per tutti gli operatori delle adozioni, sia nazionali sia internazionali, rilanciando il progetto Veneto Adozioni, come piattaforma di condivisione, scambio e formazione per tutti coloro che hanno a cuore il futuro delle adozioni e della tutela dei minori nella regione del Nordest.
Questo “viaggio” è iniziato il giorno 21 dicembre 2023 e continuerà fino a fine 2024, coinvolgendo operatori che portano con sé un gran bagaglio professionale, ma che necessitano di nuove competenze per le sfide attuali del tema adottivo.

Tutti insieme, nel nome dell’Adozione Internazionale

La cosa interessante, infatti, è che rappresentanti e professionisti degli Enti Autorizzati si sono seduti insieme ad assistenti sociali, psicologi, neuropsichiatri… del Servizio Sociale (appartenenti alle Equipe Adozioni) e a giudici togati e onorari, che nel TM di Venezia si occupano della giustizia minorile, con occhio particolare sulle adozioni, sia nazionali sia internazionali.
È necessario e doveroso che i diversi soggetti coinvolti si confrontino e lavorino insieme, per il bene dei bambini e di chi li vuole accogliere.
La formazione di dicembre, come primo momento di presentazione e di avvio dei lavori, ha visto la presenza del dott. Vincenzo Starita, vicepresidente della CAI, che ha aperto l’incontro con la relazione intitolata “L’adozione che cambia“, durante la quale ha condiviso i dati recentissimi delle Adozioni Internazionali che la CAI stava elaborando a fine dicembre.
Al di là delle preziose informazioni sui dati aggiornati, la cosa notevole è l’aver voluto lanciare un messaggio a tutti gli operatori delle Istituzioni coinvolte, senza distinzioni di ruoli. Non è stato solo un momento di esposizione del lavoro svolto dalla Commissione, ma anche un’analisi dei diversi punti critici che, per il futuro dell’adozione, dovranno essere tenuti in considerazione, per accompagnare chi si avvia al percorso adottivo con la consapevolezza di quella che è l’attuale realtà all’estero, così da accogliere al meglio i bambini che, oggi, vengono proposti dalle autorità straniere.

Consapevolezza della reale situazione dei Paesi

“Bisogna fare i conti con le nuove adozioni internazionali perché sono un segno concreto del lavoro che ogni Paese sta portando avanti con successo, per garantire l’attuazione della Convenzione dell’Aja” ha precisato Starita. Ogni Paese, (chi con una rigorosa procedura, chi con metodologie che solo di recente vengono messe in atto) sta promuovendo concretamente l’adozione nazionale e una seria presa in carico delle situazioni dei minori in abbandono e promozione del rientro in una famiglia “risanata”, grazie alle nuove risorse messe in atto nel Paese.
Ecco perché i minori che arrivano in Italia negli ultimi anni (e crediamo che sempre più questa linea d’azione sarà mantenuta) sono bambini sopra gli otto anni, con patologie e disabilità conclamate per nulla “lievi e reversibili”: sono bambini provati nel corpo e nell’anima, feriti e con segni visibili del dolore dell’abbandono. Sono ragazzini che cercano una nuova famiglia, ma che hanno ben presente da dove vengono e cosa hanno provato, cosa lasciarsi alle spalle e cosa raccogliere come eredità necessaria per affrontare la nuova vita.

Un discorso rivolto a tutti

Il Vicepresidente Starita, continuando l’esposizione chiara e precisa, ha parlato a tutti, non solo agli Enti autorizzati che questa situazione la vedono ogni giorno.
Ha parlato anche ai giudici, che incontrano le coppie per pochi minuti per renderle “idonee o meno” e che, spesso, non sono aggiornati sulla realtà adottiva, continuando così a emettere decreti con vincoli “ridicoli” per l’attuale conformazione dell’adozione internazionale.
Ha parlato alle psicologhe dei Servizi, che solo ultimamente vedono davvero i minori accolti dalle famiglie, che chiedono aiuto e sostegno maggiore per affrontare al meglio situazioni ben più complesse rispetto a un tempo.
Ha parlato alle assistenti sociali, che sono consapevoli di quanto il contesto di vita e le famiglie multiproblematiche da cui arrivano questi piccoli possano incidere sul futuro degli adottati, ma che hanno ancora in mente le “adozioni di un tempo”.
Ha parlato a medici e operatori sanitari del Servizio Sanitario regionale, spronandoli verso la consapevolezza che i traumi e i limiti del minore accolto devono essere “curati” e trattati anche come risorse, perché siamo noi adulti a dover fare i conti con le situazioni che portano i bambini e far vivere loro tutto il bello della nuova vita in famiglia, senza etichette o certificazioni.
L’intervento del vicepresidente della CAI è stato un bagno di realtà, lo specchio di come funziona l’adozione internazionale oggi: con i Paesi che chiudono, aprono, dettano nuove regole…
Ma anche con nuove possibilità di accoglienza e di accompagnamento per i futuri genitori.
Non a caso la chiusura dell’intervento ha invitato tutti i presenti a guardare al futuro con ottimismo, anche se i dati delle adozioni sono al minimo storico, ribadendo quanto fondamentale sia l’istituzione dell’adozione, fosse anche per la vita di un solo bambino!