Traffico di minori. La denuncia della Magistratura Rdc: “In spregio alla legge, suor Bénédicte ha trasformato Goma in un luogo di reclutamento dei minori per riempire il suo centro a Kinshasa”. Ma per Della Monica sono solo fatti “inesistenti”

congo11“Trasferimento illegale di 22 orfani di Stato da Goma a Kinshasa per ragioni non chiare, sottraendoli così alla giurisdizione naturale del Tribunale per i Minorenni di Goma;

citazione di un orfanotrofio fittizio, denominato AMAMAATU, a Goma, dove lei avrebbe  ospitato detti minori; nel momento di dover rilasciare le Ordinanze di collocamento sociale dei minori, il Tribunale per i Minorenni ha voluto verificare la localizzazione dell’Orfanotrofio, rendendosi conto che quel Centro a Goma non esiste e che nemmeno i bambini si trovavano più in città”.

 

Così scrive, il 13 agosto 2016, il Presidente del Tribunale per i Minorenni di Goma, Sumaili Kanyongolo Charles Wilfrid, al giornalista de “L’Espresso” Fabrizio Gatti, autore dell’inchiesta pubblicata tra l’8 e il 15 luglio 2016. La “lei” a cui il magistrato congolese fa riferimento e che avrebbe compiuto le azioni denunciate è suor Bénédicte Mujawimana. “La stessa religiosa – precisa il Presidente del Tribunale – che si è posta a capo dell’ente I Cinque Pani nella Repubblica Democratica del Congo e, con la benedizione di Silvia Della Monica, ha promosso la violazione della decisione della Dgm (Direzione generale della migrazione: la decisione è quella del settembre 2013, ovvero la sospensione dei permessi di uscita dal Paese per i minori adottati, ndr) e dell’ordinanza 1166 del Presidente del Tribunale per i Minorenni di Goma, nonostante questa ordinanza avesse ottenuto il sostegno del Primo Presidente della Corte d’Appello”, di Goma, Lazare Banide Wafole.

 

Eppure, per Silvia Della Monica, queste denunce non sono altro che fantasie. “Un ente è stato accusato di traffici inesistenti di minori– ha detto la vicepresidente (ed ex presidente) della Commissione Adozioni Internazionali, con tono quasi irrisorio, nel corso della sua audizione in Commissione Giustizia della Camera, mercoledì 12 ottobre -, sostenendo addirittura che questi bambini erano stati trasferiti irregolarmente in Italia, in piena moratoria da parte della Repubblica Democratica del Congo: voglio assicurarvi che i bambini si trovano purtroppo regolarmente ( lo dico per loro che hanno una vita difficile davanti in Congo, ma non sono mai stati spostati dalla Rdc) nel loro orfanotrofio”.

 

È certo invece che, come scrive ancora Sumaili Kanyongolo, “la maggior parte dei 22 minori, beneficiari della sentenza suppletiva dell’atto di nascita emessa dal Tribunale per i Minorenni di Goma, trasferiti illecitamente a Kinshasa da Suor Bénédicte Mujawimana, avevano già, sorprendentemente, dei patronimici italiani”.

 

Ma vediamo in dettaglio qual è la denuncia del Presidente del Tribunale per i Minorenni di Goma a carico della suora. La spiega egli stesso nel paragrafo intitolato “Perché Bénédicte Mujawimana non è degna di fiducia” nella sopraccitata comunicazione del 13 agosto. Il Presidente inizia con una premessa “geografica” fondamentale per comprendere “la gravità e la pertinenza delle accuse”: Goma e Kinshasa sono distanti 3mila chilometri in linea d’aria. Quindi spiega:

“La ‘buona suora’ si è attivata per creare un orfanotrofio a Kinshasa da ‘riempire’ di ‘orfani’ venuti da Goma. Goma è stata trasformata in un luogo di ‘reclutamento’ di minori per riempire il suo Centro di Kinshasa”. Tutto questo “ignorando totalmente i poteri attribuiti al Tribunale per i Minorenni e al Presidente del Consiglio di Tutela di Goma: in breve, in spregio alla legge”.

Come ha potuto operare la religiosa in tutta tranquillità, nonostante ciò che stesse facendo fosse, appunto, “in spregio alla legge”? E’ ancora il Presidente del Tribunale per i Minorenni di Goma a spiegarlo:

“Per operare tranquilla, Suor Bénédicte Mujawimana si è adoperata per avere tra i suoi intermediari degli agenti dei servizi di sicurezza (Anr), In questo modo i minori hanno potuto viaggiare da Goma a Kinshasa senza destare ‘sospetto’”.

E qual era lo scopo di questo trasferimento di minori “a più di 3000 km dalle loro origini”? “Senza dubbio (suor Bénédicte Mujawimana, ndr) li fa adottare successivamente da Kinshasa – denuncia Sumaili Kanyongolo -. A chi? Ai richiedenti adozione, senza dubbio”.

Quanto sostenuto dal Presidente del Tribunale per i Minorenni di Goma trova peraltro conferma in ciò che aveva scritto già il 19 maggio 2015 il Primo Presidente della Corte d’Appello di Goma, rivolgendosi a Charles Bashige e, Arnold Kahembe e Pacifique Wendo, consulenti legali de I Cinque Pani. Ecco cosa scrive loro il Primo Presidente:
“Rispetto alle iniziative da voi intraprese con l’obiettivo di trasferire i bambini adottati ospiti presso i centri e orfanotrofi di Goma e portarli a Kinshasa per conto del vostro cliente I Cinque Pani, il Presidente del Tribunale per i minori (…) è chiamato, in ogni momento, ad adottare tutte le precauzioni necessarie per garantire l’interesse superiore dei bambini ospiti dei centri e orfanotrofi di sua competenza da cui riceve, come voi d’altronde, per mezzo dei suoi Responsabili, lamentele e segnalazioni”.

“I ventidue bambini sono orfani di Stato – spiega ancora il Primo Presidente della Corte d’Appello -, così come riconosciuto nei verbali di abbandono redatti dal Presidente del Consiglio di Tutela e Sindaco del Comune di Goma. Pertanto lo Studio Kiriza, che si qualificherebbe come rappresentante della richiedente Bénédicte Mujawimana, non può rimproverare al Presidente del Tribunale per i minori di aver denunciato una fuga di bambini orfani di Stato dalla sua giurisdizione per raggiungere Kinshasa con modalità per altro a lui sconosciute, in particolar modo perché nelle richieste presentate relative a delle sentenze suppletive e nei processi verbali di abbandono dei bambini è indicato che questi ultimi sarebbero ospiti presso l’orfanotrofio A.M.A.MA.TU della ‘suora’ Bénédicte Mujawimana a Goma, il quale istituto, peraltro, risulta essere fittizio e non rintracciabile nella città di Goma”.

A riprova di quest’ultimo aspetto c’è la comunicazione del 2 gennaio 2015 del Presidente del Tribunale per i Minorenni di Goma:

“Trattandosi di minori i cui genitori non sono conosciuti, ho invitato presso il mio studio l’avvocato Mr Arnold Kahembe che si è presentato insieme alla Sig.ra Paulette Dimadja, richiedendogli di ottenere entro un lasso di tempo ragionevole, le attestazioni di guardia provvisoria, gli ordini di omologazione  dell’inserimento dei minori presso l’Istituto per ciascun bambino ed anche le copie di designazione del tutore delegato, trattandosi di minori orfani affidati allo Stato.

Nel tentativo di comprendere i motivi del prolungato silenzio e l’abbandono delle pratiche sopraccitate da parte del Consiglio di Avvocati sopra indicato, e in considerazione che la tutela dell’interesse dei minori deve essere prioritaria, ho deciso di accertarmi dell’effettiva esistenza di questo centro di accoglienza la cui denominazione è Mano Amica Marisa Tuungane A.M.A.MA.TU asbl, rappresentata da Suor Bénédicte Sekamonyo Mujawimana della Fraternità Monastica delle Suore di San Cerbone a Kinshasa, che dovrebbe trovarsi a Goma, in Avenue Polyclinique quartiere Kyeshero, Comune di Goma, città di Goma. Tuttavia le inchieste da me realizzate non hanno dato risultati. Il Centro sopra indicato non ha un indirizzo preciso nella città di Goma”.

Nell’ordinanza 1166/2015 del 31 gennaio 2015 (clicca sull’immagine per leggere l’ordinanza integrale), inoltre, il Presidente del Tribunale per i Minorenni aveva già fornito, tra l’altro, l’elenco dei minori “beneficiari della sentenza suppletiva dell’atto di nascita” e “trasferiti illegalmente” dal fittizio centro A.M.A.MA.TU. Tra questi, come da lui stesso poi scritto nella lettera del 13 agosto 2016, molti avevano nomi italiani: abbiamo per esempio Benedetto M., Giovanni M., Roberto B., Flora S., Bernardo B.

Silvia Della Monica non può non essere al corrente della denuncia del Presidente del Tribunale per i Minorenni di Goma. Tale denuncia, infatti, è stata inoltrata già a gennaio 2015 alla Cai e alla Procura della Repubblica di Milano. Ora, perché la vicepresidente ed ex presidente Cai si permette di “irridere” i “fatti gravissimi” – questi sì! – evidenziati dalla Magistratura della Repubblica Democratica del Congo?