Adozioni internazionali: o si cambia, o si muore. Tertium non datur

Oltre 2700 famiglie nelle liste di attesa degli enti autorizzati e solo 245 adozioni portate a termine nel 2021. Con la poca considerazione delle istituzioni nei suoi confronti, l’adozione internazionale rischia di scomparire. C’è bisogno di una rivoluzione culturale

Può suonare drastico, come appello, ma la situazione effettivamente non ammette più tentennamenti. Si sta parlando di adozione internazionale, naturalmente, una delle più straordinarie forme di sostegno all’infanzia abbandonata, a detta di tutti, ma uno degli argomenti più trascurati a livello politico.

La generosità delle coppie italiane è prima nel mondo, ma non è sostenuta dalle autorità

A rilanciare l’allarme è un bell’articolo di Luciano Moia su Avvenire che sottolinea come in Italia ci siano 2.700 coppie pronte per l’iter adottivo che figurano nelle liste d’attesa degli enti autorizzati italiani, ma dall’inizio dell’anno siano solo 245 le adozioni portate a termine. Senza considerare il 2020, segnato dalla pandemia, si tratta di poco più della metà rispetto alle 458 del 2019: un trend negativo che all’orizzonte non lascia intravedere motivi per un’inversione di rotta.
Scrive Moia: “Se le strutture non diventano più flessibili, non si sostengono famiglie ed enti, non si rinnova la legge, non si rilancia sul piano politico internazionale, l’adozione internazionale almeno come l’abbiamo conosciuta e promossa per tanti anni è destinata a un progressivo tramonto”. Per questo, il 14 settembre, i rappresentanti dei quattro coordinamenti in cui sono confluiti gli enti autorizzati si vedranno con il vicepresidente della CAI (Commissione per l’Adozione Internazionale) Vincenzo Starita per discutere della situazione.

Una situazione, come detto, drammatica dal punto di vista dei numeri, ma anche surreale, visto che la disponibilità delle famiglie italiane non è certo in discussione. Le 2.700 coppie che, a fine giugno, avevano ottenuto l’idoneità dal Tribunale dei Minori, infatti, sono seconde solo agli Stati Uniti.
Inoltre, proprio nei primi sei mesi del 2021, sono tornati ad aumentare gli incarichi conferiti agli enti autorizzati per le adozioni internazionali, risaliti ai livelli del 2019.
In più, se si guarda alla disponibilità di accogliere i bambini “special need” (ovvero con bisogni particolari, perché affetti da qualche patologia o perché già grandi) l’Italia non è seconda a nessuno nel mondo.

Eppure, a questa enorme apertura non ha mai fatto seguito l’attenzione delle istituzioni (né per snellire le procedure, né per rinnovare gli accordi con i Paesi di provenienza che, sempre più spesso, chiudono alle adozioni), ma neppure della società civile: basti pensare alla clamorosa assenza della adozione internazionale negli Stati Generali della Natalità promossi dal Forum delle Associazioni Familiari.

Serve una rivoluzione culturale per l’adozione internazionale

Il pericolo è che, alla lunga, si perda anche la fiducia delle coppie adottive, già molto provate dai costi altissimi che ha l’adozione internazionale, dalle lungaggini e complicazioni burocratiche di cui è disseminato l’iter adottivo (recentemente le coppie raccontano di 2/3 anni solo per ottenere l’idoneità). A questo si aggiungono anche le grandi difficoltà per ottenere i rimborsi delle spese, come più volte Ai.Bi. ha denunciato, promuovendo la possibilità di istituire un bonus unico, per tutti, da 10mila euro. “Darebbe maggiori garanzie alle famiglie – afferma Marco Griffini, fondatore e Presidente di Ai.Bi. Amici dei Bambini – con tempi certi e interventi più puntuali. E permetterebbe allo Stato di risparmiare. Noi enti lo proponiamo da anni. Noi enti lo proponiamo da anni,Noi enti lo proponiamo da anni, ma inutilmente: i nostri tecnici che hanno elaborato la proposta non vengono nemmeno ascoltati dalle istituzioni preposte”.

Ma Griffini va oltre i problemi di natura più pratica, pur fondamentali, e pone una questione più radicale di come si voglia intendere l’adozione internazionale stessa e di che importanza le si voglia dare nella società: “È inutile stracciarsi le vesti e scandalizzarsi per la fiera dei ‘bambini in vendita’ a Parigi e prossimamente anche a Milano, dicendo che ‘esiste l’adozione’, specie quella internazionale con quasi 200 milioni di bambini abbandonati negli orfanotrofi del mondo, se non si riconosce alla genitorialità adottiva la stessa dignità di ogni altra genitorialità. Altrimenti l’adozione rimarrà sempre un problema della coppia e non piuttosto il soddisfacimento di un sacrosanto diritto: quello di ogni bambino abbandonato di essere figlio.
Occorre una rivoluzione culturale sul modo di considerare l’adozione, a cui sono chiamate in prima linea le stesse organizzazioni internazionali. A cominciare dall’Unifec, la quale deve chiarire la sua non ben definita posizione nei confronti dell’adozione internazionale, che tuttora non viene considerata come un sistema di tutela e protezione dell’infanzia. Non a caso, tra i sacrosanti diritti dell’infanzia sanciti dalla Convenzione dell’Onu ne manca uno fondamentale: proprio il diritto di essere figlio! Sarà per questo motivo che né Unicef né ONU, né qualsiasi altra organizzazione internazionale hanno mai redatto un report sui minori in stato di abbandono negli orfanotrofi del mondo? “