Una vita in orfanotrofio: nuovo anno, nessun cambiamento. 186 milioni di storie tutte uguali

Potrebbero vivere in una famiglia , ma la maggior parte di loro resta in istituto fino alla maggiore età 

Abdel, 2 anni, trovato per caso da un prete ai bordi di un villaggio africano. Dormiva e viveva lì per strada, sporco e denutrito, i suoi genitori erano entrambi malati di AIDS, impossibilitati quindi a occuparsi di se stessi e del figlio. Abdel ha già trascorso due anni in orfanotrofio, condivide la sua vita con altri 60 orfani, non è mai solo, ma a guardarlo è il più triste di tutti. I piccoli ospiti di questo orfanotrofio hanno dai 2 ai 17 anni. Vestiti stracciati, piedi nudi.  I loro cuori hanno vissuto mille dolori, i loro sguardi nascondono un velo di eterna tristezza, una tristezza che difficilmente puoi convertire in un sorriso, una tristezza provocata da chissà quali drammi e chissà quali ricordi che alla loro età dovrebbero essere totalmente sconosciuti.” (Fonte: Il caffègeopolitico.org)

Sono tante le storie di tanti Abdel : almeno 180  milioni di bambini,  stando ad una stima di Unicef del 2009,  hanno lo stesso vissuto: storie di bambini “raccolti” ai margini delle strade, nella maggior parte dei casi settembre malnutriti e ammalati, con gli occhi spenti e il sorriso assente; o di piccoli provenienti da famiglie troppo povere per sfamarli, e quindi costretti ad affidarli alle cure di un istituto che, sperano i genitori, possano assicurargli almeno un pasto al giorno.

Non c’è tuttavia alcun miglioramento in questa vita in orfanotrofio: crescere in solitudine ha effetti devastanti sulla psiche dei bambini, che incide sullo sviluppo della personalità e della sicurezza di sé; la totale mancanza di cure e attenzioni fa inoltre sì che questi bambini crescano senza alcun punto di riferimento, se non altri bambini, “quelli grandi”, che, con qualche anno in più, riescono saltuariamente a prendersi cura dei più piccoli.

Problemi ulteriori si aggiungono al raggiungimento della maggiore età, e quindi al momento fatidico dell’addio all’istituto: ragazzi e ragazze neomaggiorenni, troppo spesso non in grado di vivere autonomamente, finiscono nuovamente tra quelle strade dalle quali erano stati strappati, vittime nuovamente di abbandono, soprusi e, immancabilmente, della criminalità, tentazione troppo facile per smettere di vivere ai margini di una strada.

Collaborando con gli istituti che ospitano moltissimi di questi piccoli, Amici dei Bambini sostiene e porta avanti la sua campagna “Africa in Famiglia” che, con il suo programma di Sostegno a Distanza, riesce a sostenere ospiti di ogni età che sperano di poter tornare a vivere in famiglia quanto prima.  

Africa in Famiglia è quella campagna che, ove possibile, riporta i bambini tra le braccia di mamma e papà;  al contrario, quando ciò non può accadere, corsi professionalizzanti sono organizzati per i prossimi maggiorenni, purché non vengano risucchiati dalle strade non appena abbandonato l’istituto ospitante: scegliendo di diventare ‘genitori a distanza’ è possibile stare al fianco di un bambino abbandonato e lottare con lui perché possa rinascere come figlio e rientrare nella sua famiglia.
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