Pordenone. Preparazione e accompagnamento della coppia: l’importanza di accogliere le ferite del bambino abbandonato

bambino abbandonatoChe visione hanno gli adulti del mondo dell’infanzia? E come questa visione influenza il modo in cui i genitori cercano di educare i figli? Domande complesse a cui ha provato a dare una risposta il convegno “Educare insieme 2015. Prevenzione e infanzia”, tenutosi il 17 ottobre a Pordenone e organizzato dall’Asfe (Associazione per lo sviluppo della formazione educativa), con il Garante regionale dei diritti delle persone, la Provincia e il Comune di Pordenone, la Fondazione Crup e l’Area Assistenza Sanitaria n.5 “Friuli Occidentale”. Un tema, quello dell’educazione dei minori da parte degli adulti, che ovviamente riguarda anche le famiglie adottive: per questo al dibattito è stata invitata a dare il proprio contributo anche Amici dei Bambini, con la sua referente friulana Alice Paolin, insieme a Lorena Fornasir, già responsabile delle adozioni per l’Aas n.5.

A porre le basi della questione è stata il preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Luigi Pati. “Dell’infanzia abbiamo una visione ‘adultica’ che ci porta a commettere errori nella cura dei minori e questi si riflettono nel disagio che i bambini manifestano sotto forma di aggressività o passività – ha detto Pati -. Bisogna quindi prendere le distanze dalla visione per cui si ritiene che alcune fasi dello sviluppo determinino le caratteristiche della persona e non siano più modificabili. Ogni minore, infatti, ha una “capacità di recupero”, che passa anche attraverso la fatica e il dolore. “E’ vero che le prime fasi della vita sono importantissime e creano le basi della persona – ha spiegato il preside –, ma non devono farci pensare che vincolino in modo deterministico la crescita dell’individuo. Il bambino, infatti, assorbe il bello e il brutto di ciò che gli sta intorno. È responsabilità dell’adulto creare intorno a lui un ambiente positivo.

Qui entra in gioco il ruolo della famiglia adottiva, che accoglie un minore proveniente da una situazione traumatica, di abbandono, di vita negli istituti senza punti di riferimento genitoriali. Facile comprendere, quindi, l’importanza del percorso di preparazione e di accompagnamento della coppia adottiva. “Una fase in cui i Servizi e gli Enti Autorizzati hanno ruoli specifici – ha detto Alice Paolin di Ai.Bi. – I primi sono chiamati a verificare le competenze genitoriali delle coppie nell’ottica dell’adozione. Gli Enti sono invece tenuti a presentare ai coniugi lo scenario dell’adozione internazionale e ad accompagnare e sviluppare nella coppia le competenze genitoriali necessarie per l’accoglienza di un bambino straniero”.

“Quando le coppie sono adeguatamente preparate – ha assicurato Lorena Fornasir – sono in grado di contenere il dolore e la sofferenza dei bambini. Bisogna essere in grado di mettersi dentro il corpo ferito del bambino, nelle sue ferite psichiche e fisiche, per saperle accogliere. Un obiettivo raggiungibile, secondo Fornasir, solo se si mettono insieme i saperi e si organizzano dei tavoli tra tutti gli attori dell’adozione internazionale, con l’obiettivo di stabilire tutti insieme le linee che permettano di preparare meglio le famiglie.

Direttamente collegato a questo tema c’è quello dei diritti dei bambini, sul quale è intervenuta Mellina Bares, Garante regionale dei diritti delle persone. “La Carta dei Diritti rappresenta la trasformazione dei bisogni dei bambini in diritti” ha detto Bares, sottolineando poi che “è necessario trasferire nella prassi ciò che il legislatore ha recepito”. “Il problema attuale – ha concluso il Garante – è evitare che la povertà economica diventi povertà educativa”.