Lampedusa. Si conclude il viaggio delle ragazze. “Un’esperienza multisensoriale: salata, amara, insipida e dolce”

falegnameI “sapori di un viaggio e i gusti dell’accoglienza”. Questo il tema della serata conclusiva della formazione delle 5 ragazze al campo Ai.Bi di Lampedusa. Ma anche il leitmotiv di tutta la settimana: un “viaggio” nel corso del quale le ragazze hanno sviluppato i sensi per calarsi e capire fino in fondo il dramma dell’immigrazione in tutti i suoi aspetti. Da una parte l’amaro della tragedia umana, dall’altro il dolce dell’accoglienza dei lampedusani in primis. Una settimana costellata da luoghi simbolo: il cimitero delle barche, la Porta d’Europa e il giardino della Memoria.

Ogni  frammento di barconi – racconta Lorenza – ci racconta di uomini costretti a fuggire dalla loro vita, dal loro paese e dai loro affetti e affidandosi a Dio affrontano l’ultima fase di un lungo viaggio. Proprio da questi frammenti il falegname Tuccio ha creato per noi delle piccole croci”. La croce diventa quindi simbolo della sofferenza dei migranti, ma allo stesso tempo simbolo di speranza.

Veronica ci suggerisce di attivare i nostri sensi – precisa Giacinta nel suo diario – la vista: gli occhi vedono di tutto, ma si soffermano su alcuni particolari i vestiti e i salvagente per terra; l’ udito: il rumore delle piante secche calpestate o scosse dal vento, ma per il resto c’è solo silenzio. Il tatto: mi aggrappo al bordo per non scivolare e cadere.  L’ olfatto: l’odore che sento è di terra bruciata e cenere, ma solo in certi istanti”.
Nel pomeriggio le ragazze incontrano il falegname Tuccio che realizza croci con i legni delle imbarcazioni. Per ognuna di loro realizza una croce con i legni che hanno raccolto al cimitero. Dal cimitero delle barche al Giardino della Memoria. A parlarne è Chiara. “Ascoltare i tragici momenti dello sbarco del 3 ottobre scorso – racconta –, l’incontro tra le salme e i loro parenti, il carico dei corpi sulle barche, proprio mentre osservavamo le piccole piante in ricordo delle vittime è stato qualcosa di toccante, che ha dato il giusto senso e dignità a quel luogo, lasciandomi un forte ricordo  di questa esperienza”.  Editta si sofferma a ricordare la Porta d’Europa, il punto più a Sud d’Italia e d’Europa. “Bello è pensare che sia questo  l’ingresso – dice – per le persone che vogliono venire nel nostro continente. Più triste è ricordare tutte le persone che qui davanti a queste rive hanno perso la vita”.

Nel pomeriggio le ragazze incontrano il falegname Francesco: è stato lui a ricavare dai legni delle barche il calice, la croce e l’altare usati dal Papa a Lampedusa. Francesco si emoziona ancora. Le sue croci mi dicono di non dimenticare. Altro simbolo di Lampedusa “L’albero del cielo”, creato da Askavusa: un albero sottosopra, con le radici rivolte verso l’alto. Al centro, tavole di legno, lo stesso del tronco della barca naufragata. Radici rivolte alla vita.

Il viaggio è agli sgoccioli.  Le ragazze si danno da fare per la serata conclusiva in piazza. Il tema: i sapori del viaggio e dell’accoglienza: salato, amaro, insipido, dolce. “Stampiamo qualche foto del nostro viaggio – raccontano -, a testimonianza di quello che abbiamo fatto. Incontriamo e parliamo con tante persone: ancora una volta l’isola diventa un luogo di incontro, un luogo dove poter parlare, scambiare idee, conoscere”Lorenza spiega lo spirito della serataDecidiamo di rappresentare i 4 gusti con semplici elementi, il sale per il salato, il limone per l’amaro, l’acqua per l’insipido e lo zucchero per il dolce. Per spiegare ai passanti che cosa indicano per noi questi 4 gusti decidiamo di esporre delle foto scattate durante la settimana.
Il salato rappresenta il viaggio e il mare. L’amaro indica le difficoltà e la morte dei migranti. L’insipido l’indifferenza delle persone e delle autorità. Infine il dolce: la giusta e bella accoglienza.

Tornando a casa e “raccontando agli altri la mia esperienza – continua Giuditta – capisco quanto ho appreso. Grazie a Lillo, a Mauro, a Elena, a Francesco, a Daniela, a Franco, a Nino, a Pilla. Soprattutto grazie a Veronica che ci ha permesso di incontrare ognuno di loro e che è stata lei per prima testimone di Lampedusa. E l’ultimo grazie va alle mie compagne di avventura: Chiara, Editta, Lorenza e Sara! A tutti loro dico: a presto!

“Arrivata a Milano tornando a casa passo da Porta Venezia e dai giardino pubblici – conclude Lorenza – e come succede da mesi, lungo la strada al fresco degli alberi gruppi di migranti sono in attesa di partire e proseguire il loro viaggio, immagino verso i paesi del nord. Mi dico che vorrei fare come i lampedusani, scendere e invitare i ragazzi a pranzo a casa mia, per telefonare a casa o semplicemente per farsi una doccia. Quello che a Lampedusa mi sembrava un gesto semplice e normale qui mi sembra una cosa strana e innaturale….. Non riesco a spiegarmi il perché e torno a casa  con questo grande dubbio! Che cos’ha Lampedusa che Milano non ha?