Adozione Internazionale. “Ho dovuto aspettare 14 mesi prima che mi chiamasse mamma” 

I “tempi di realizzazione” di una famiglia adottiva non sono così immediati, come si vorrebbe. Dalla Cina e dal Perù: due storie di adozione, due racconti di accettazione

Vogliamo raccontare due storie di mamme adottive che hanno atteso più del previsto di sentirsi pienamente accettate. Sì, perché di solito l’adozione porta gioia enorme ad un bambino, che finalmente si sente di nuovo amato e torna a essere figlio e alla coppia, che realizza un sogno fortemente voluto che si concretizza dopo tempo e fatica. Ma “i tempi di realizzazione” della famiglia non sono così immediati, come si vorrebbe.

Quando proprio credi non succederà a te

Sonia è una giovane donna, insegnante di scuola d’infanzia, che attendeva in Cina di ricevere il grande dono di un figlio e tutto la spaventava, ma era certa che non avrebbe avuto nessun problema a rivestire il ruolo di mamma, fin dall’inizio, anche grazie alle sue conoscenze professionali, alla sua esperienza e al fatto di essere una persona sempre solare, abile nelle relazioni con tutti.
Anzi, durante gli incontri mensili del GFL (Gruppi Familiari Locali che Ai.Bi. organizza in ogni regione in cui è operativa la sede regionale) con altre coppie in attesa e famiglie adottive, i suoi consigli su cura e relazioni coi bambini piccoli erano tenuti in gran considerazione.
Quando parlava, suo marito ridendo diceva “anche a casa mi dà lezioni private e io prendo appunti per riuscire almeno un po’ ad essere bravo come lei”. E Sonia in effetti non vedeva l’ora di godersi la sensazione meravigliosa di sentirsi chiamare mamma, abbracciando suo figlio, dalla Cina.
Ma le cose non andarono nel verso sperato.

Il viaggio in Cina

Sonia ricorda il viaggio di tre settimane in Cina come un dramma. Vorrebbe dimenticare quei giorni interminabili, quando non poteva neanche avvicinarsi al piccolo Ben, che si affidava solo al padre e la cacciava in malo modo. “Un incubo” – le sue parole piangendo, ad ogni videochiamata alla psicologa in Italia, a cui chiedeva aiuto e conforto – “se provo a vestirlo, a giocare con lui, a dargli da mangiare…urla e mi graffia. Rimango impietrita, non credevo potesse succedermi una cosa del genere, sono sbagliata e le cose non accennano a migliorare”.
Dopo notti insonni a parlare col marito per cercare soluzioni, a piangere da sola nel bagno del residence chiedendosi “perché”, a ripensare a cosa poteva e doveva migliorare, per aiutare il cambiamento di atteggiamento…tutto è cambiato sull’aereo di ritorno, dopo quasi un mese dal primo incontro. Gradualmente, ma in modo definitivo, Ben ha riconosciuto questa donna come sua madre e vi assicuriamo che una relazione più profonda e salda non l’abbiamo mai vista!

Un’altra storia dal Perù

Altra storia arriva dal Perù, dove Nadia con i due fratellini più piccoli è stata adottata da una coppia che era preparata a “doversi conquistare la fiducia della fratria”, ma se coi maschietti la cosa è stata più naturale, la relazione con la figlia più grande ha necessitato di più tempo del previsto.
Prima dell’adozione infatti era lei che sostituiva la mamma, quando questa non assolveva più al suo ruolo genitoriale. Inizialmente ha gioito alla notizia che finalmente lei e i fratellini sarebbero stati abbinati a una famiglia, anche se l’Italia era un posto sconosciuto e poi, durante l’affiatamento nel paese, questi “genitori”, cosi diversi, comprendevano forse la metà dei dialoghi in lingua spagnola.
Lentamente però Nadia ha lasciato che la mamma la sostituisse nella cura dei fratellini. All’inizio con fatica, solo quando stavano male, o quando riportavano bisogni che lei riconosceva difficili da colmare: insomma non riusciva a fidarsi ciecamente di questa signora straniera che li aveva accolti.
Nadia per tanti mesi, oltre un anno, esattamente 14 mesi, non riusciva a chiamare mamma “la signora” o “Sara”, come chiamava la nuova mamma che, in silenzio e in modo appartato soffriva e piangeva, ma aspettava, perché sapeva che prima o poi, anche sua figlia avrebbe aperto le braccia e si sarebbe affidata.

E poi succede all’improvviso…

Un giorno Nadia, durante una uscita con amici, si sentì che poteva provare a dire quel “mamma” che in fondo, ardentemente voleva pronunciare anche lei. Le uscì piano, troppo piano perché Sara la sentisse, visto che in quel momento, era intenta in chiacchiere con la vicina di posto e la vocina flebile di Nadia si era persa nel brusio.
Una di queste amiche però aveva udito e, sapendo che non era mai successo prima, riferì alla mamma adottiva la cosa. La mamma pianse di gioia, consapevole di quel che era accaduto, ma dovette aspettare ancora diversi mesi prima di sentire la figlia pronunciare (di nuovo, ma questa volta con forza) la parola “mamma”, con uno slancio verso il suo petto e con le braccia al collo, in cerca di tutto il bene possibile.

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chi sta considerando un’adozione internazionale o semplicemente desidera avere maggiori informazioni a su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it Dona per il Fondo Accoglienza Bambini Abbandonati