Adozioni internazionali. Decreti vincolati, la “moda” arriva anche al Tribunale di Venezia. La denuncia degli enti e il menefreghismo delle istituzioni

tribunale_venezia350La vicenda dei decreti cosiddetti “vincolati” si arricchisce di un nuovo, triste capitolo. Dopo la fresca “vittoria” ottenuta da Amici dei Bambini su un provvedimento discriminatorio emesso dal Tribunale per i Minorenni di Roma, questa volta tocca al Tribunale di Venezia, che da dicembre scorso ha cominciato a emettere decreti di idoneità all’adozione internazionale con il vincolo di età del minore all’ingresso in Italia.

Gli Enti Autorizzati per l’Adozione Internazionale firmatari del Protocollo della Regione Veneto, tra cui la stessa Ai.Bi., ora dichiarano battaglia. Armati di carta e penna, hanno scritto una lettera al Pubblico Tutore dei minori e Garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza, la dottoressa Aurea Dissegna, denunciando questa nuova tendenza, che né la mera applicazione della legge, né svariate pronunce giurisprudenziali  sembrano poter arginare.

«L’attuale orientamento del Tribunale per i Minorenni di Venezia», si legge nella lettera, «risulta pregiudizievole e contrasta, a nostro avviso, con il principio sancito dall’articolo 29 della legge 476/1998 e Convenzioni Internazionali sui diritti dei minori. L’interesse superiore del minore, infatti, non deve trovare limitazioni alcune: “di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione…” e i  decreti “ vincolati”, diventando prassi, di fatto, negheranno il diritto a molti bambini di avere una famiglia.»

Gli enti si richiamano poi ad alcuni numeri che i magistrati veneti, evidentemente troppo distanti dal mondo delle adozioni internazionali, non sembrano tenere in debita considerazione, quando concedono l’idoneità alle coppie: «I dati verificabili dai reports annuali della Commissione per le Adozioni Internazionali evidenziano come i bambini maggiormente bisognosi di una famiglia tramite l’adozione internazionale, siano proprio i bambini non più piccoli e con problemi di salute. Secondo l’ultimo report del 2012 i minori, per i quali è stata emessa l’autorizzazione all’ingresso in Italia,  sono stati n° 3106, di cui n° 1170 con età di 7 anni e più; n° 539 gruppi di fratelli ; n°479 – il 13% –  con bisogni segnalati.»

Ne consegue che – sempre secondo gli enti scriventi – porre vincoli di età del minore al momento dell’ingresso in Italia risulta «discriminante poiché, dopo l’abbinamento del bambino con la coppia adottiva, inizia un iter procedurale complesso che prevede la sentenza, il passaggio in giudicato della stessa, l’emissione del passaporto, la richiesta alla Commissione per le adozioni internazionali dell’autorizzazione all’ingresso della famiglia, il rilascio del visto per il rientro in Italia. Solo al termine di questo percorso è possibile il completamento della procedura. I tempi possono non essere sempre prevedibili e, talvolta, dilatarsi a causa di eventi esterni al normale iter e dunque “superare” il limite imposto dal decreto.»

Gli enti chiedono infine all’autorità garante un incontro per presentare in maniera più esaustiva la questione, oltre a un «intervento di mediazione, consulenza con le amministrazioni pubbliche e con il privato sociale.»

Se il buon giorno si vede dal mattino, però, l’atteggiamento delle istituzioni non lascia ben sperare, almeno stando al resoconto del seminario svoltosi lo scorso 28 marzo a Monastier di Treviso, e intitolato “Adozione punto e a capo. Il bambino al centro”. L’intento era quello di fare il punto sull’attività del “Sistema veneto adozioni”, una rete che accompagna, sostiene e prepara al meglio gli aspiranti genitori adottivi e aiuta i bambini a ben inserirsi nelle famiglie adottive; dopo una serie di incontri formativi per gli operatori, realizzati nel mese di novembre, si sarebbe dovuti arrivare a riflettere e condividere un nuovo punto di partenza dell’adozione, che in questi anni è molto cambiata. La stessa Regione Veneto, a riguardo, si era premurata di ribadire che «non intende mollare la presa e lasciare il campo a facili scoraggiamenti e depressioni»: in realtà, però, l’incontro si è trasformato in una mera passerella di autorità, dove al centro, invece del bambino, è stato messo il sostanziale menefreghismo delle stesse istituzioni sui temi più caldi riguardanti l’adozione internazionale.

All’evento ha preso parte anche la stessa Presidente del Tribunale per i Minorenni di Venezia, Maria Teresa Rossi, ha fatto però una comparsa fugace e frettolosa, senza lasciare spazio a confronti di alcun genere. Anche l’Assessore ai Servizi Sociali della Regione, Remo Sernagiotto, si è limitato a un intervento di circostanza, senza aggiungere nulla di rilevante al tema preso in esame. Angelo Vernillo, Consulente per la Regione e Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni, con un passato da Direttore Operativo nell’Associazione I Bambini dell’Arcobaleno, ha dimostrato, nel suo intervento, di avere invece una visione piuttosto fuorviante dell’adozione e dell’importante ruolo sociale che svolgono le coppie adottive: «Dobbiamo smetterla di passare il concetto che “per tutti i bambini abbandonati l’unica possibilità sia l’adozione” e, dall’altro lato, che tutte le coppie possano andare bene per qualsiasi bambino», ha detto Vernillo, senza però fornire soluzioni alternative: «Mettere il “bambino al centro” da cui il titolo del nostro convegno, significa fare in modo che il bambino possa avere una famiglia che sia tra virgolette “pronta” per lui. Significa però non aver paura di dire che “l’adozione non è per tutti” né per le coppie né per i bambini.»

La domanda, a questo punto, sorge spontanea: a chi spetta decidere quale coppia è degna di adottare e quale no? La legge, al momento, dice che l’ultima parola spetta appunto ai magistrati, sulla base delle relazioni dei servizi sociali, ma le falle del sistema sono evidenti, e il fenomeno dei decreti vincolati ne è la dimostrazione.

«Ormai non passa giorno che non saltino fuori casi di questo tipo» dichiara Marco Griffini, Presidente di Ai.Bi.. «E dire che c’è una giurisprudenza contraria e piuttosto consolidata, a riguardo, di cui i giudici non sembrano curarsi. La legge va cambiata, i tribunali vanno esclusi dalla valutazione di idoneità delle coppie: ormai lo ripetiamo con cadenza quasi giornaliera. Chiediamo alla Presidente Rossi di rendere pubblicamente conto di questa nuova tendenza che sta prendendo piede negli uffici che lei stessa preside. Lo sa? È a conoscenza di questa prassi?»

La domanda è retorica, la provocazione evidente, ma Griffini insiste: «A questo punto invitiamo tutte le coppie adottive a denunciarci casi analoghi di decreti contenenti vincoli discriminatori nei confronti del minore, relativi a età, sesso, razza, costituzione fisica, e via dicendo. La nostra quotidiana battaglia contro l’abbandono non può non passare anche per la costante e quotidiana affermazione del “diritto di essere figlio”, contro l’approssimazione e la scarsa competenza di quei magistrati chiamati a decidere del destino di tanti bambini abbandonati e bisognosi di famiglia.»