Angelo Mari: gestione dell’affido al privato sociale? Il problema dei criteri di accreditamento degli enti privati

Come sta la famiglia oggi? Lo abbiamo chiesto ad Angelo Mari, direttore generale dell’Ufficio per le politiche della famiglia presso il Ministero per la cooperazione internazionale e l’integrazione, dipartimento per le politiche della famiglia, tra i relatori che hanno animato il dibattito di oggi, lunedì 27 agosto, sul tema Oltre l’aborto, la speranza nell’abbandono. Il dott. Mari ha presentato diverse iniziative attivate dal Ministero, come l’Officina della Famiglia, un progetto creato per consentire lo scambio delle pratiche eccellenti tra le diverse realtà che operano per la famiglia.

A conclusione della prima giornata di Convegno ha gentilmente risposto alle domande di AiBiNews: l’intervista è stata occasione di approfondire che cosa sta succedendo nel nostro Paese a livello di sostegno alla famiglia e in termini di aiuto concreto e considerazione. “La famiglia è certamente un obiettivo delle nostre politiche – risponde Mari -. Se c’è un problema, però, è proprio nelle sempre minori risorse finanziarie accantonate dal 2007 in poi per la famiglie”

Dettagliamo questa diminuzione.
Diciamo che il Fondo Nazionale per le Politiche della Famiglia è stato vittima dei tagli lineari. Parliamo in termini di ordine di grandezza: dal 2007 a oggi siamo passati da stanziamenti di centinaia di milioni di euro ai 10 milioni di euro del 2012. E direi che davanti a questi dati il rischio di confondersi è forte. Spesso le disponibilità di finanziamenti condizionano le decisioni istituzionali. Ma questa carenza non deve far soffrire le politiche per la famiglia.

Cosa ne sarà dell’Osservatorio per l’Infanzia, recentemente esposto a rischi di chiusura?
Rimarrà. Non è tra gli organi soppressi dalla legge sulla spending review.

C’è bisogno di sostegno alle adozioni nazionali e internazionali. I Piani per la Famiglia e per l’Infanzia che cosa prevedono?

Se ne è occupato il Piano per l’Infanzia, che apre un percorso ben preciso: procedure e organizzazione devono essere improntate sulla celerità.

Si parla sempre più di sinergia tra pubblico e privato. Ai.Bi. ha una proposta in proposito: un maggiore ingresso del privato sociale nel campo dell’affido familiare. Qual è il suo pensiero?
L’affido è in realtà di competenza prevalente del Ministero delle Politiche Sociali. Ma lo spazio di un maggiore coinvolgimento del privato sociale, per lo meno in via sperimentale, deve venire approfondito. La parte di servizio sociale va sicuramente affidata agli enti locali: bisogna poi mettere in rapporto la dimensione civilistica con quella privata, e studiare le modalità di selezione e di accreditamento degli enti privati. In termini generali il rapporto tra pubblico e privato verte su attività che tradizionalmente sono affidate in preponderanza al pubblico, ma deve esserci spazio per sperimentare diversamente.

Ritiene che si tratti di un campo pionieristico?
Per mia conoscenza è un campo nuovo, innovativo. Le possibilità vanno sostenute con analisi d’impatto dell’efficacia concreta di questa sperimentazione.

A fiuto, allora, qual è il prerequisito essenziale di un ente privato che collabori con il pubblico?
I requisiti? Esperienza nel campo, assunzione di responsabilità, e la solidità delle competenze professionali.