Salario minimo: raggiunto l’accordo in Europa. In Italia potrebbe arrivare a 1500 euro al mese – AGGIORNAMENTO

L’Unione Europea ha trovato un accordo sull’introduzione di un salario minimo “adeguato ed equo”. In Italia potrebbe essere di 9 euro all’ora, per un totale di 8,4 miliardi in più nelle tasche dei lavoratori – AGGIORNAMENTO

A circa 6 mesi di distanza dalla partenza della negoziazione, l’account Twitter della Commissione Affari sociali del Parlamento europeo ha confermato che l’Unione Europea ha raggiunto un accordo sul salario minimo. Mancano ancora il passaggio dall’assemblea plenaria del Parlamento, che però non può emendare il testo, e, quindi, la ratifica del Consiglio UE, ma il più dovrebbe essere fatto. Dopodiché la palla passerà ai singoli Stati.

Il salario minimo in Italia potrebbe essere di 9 euro all’ora

Perché quella dell’Unione è solo una direttiva che punta a stabilire un quadro di riferimento per l’istituzione di salari minimi adeguati ed equi, “nel pieno rispetto delle diversità nazionali”, come ha scritto sempre in un Tweet la presidenza di turno dell’Ue (francese). Il quadro europeo, infatti, è molto diversificato, come già indicato a suo tempo (nell’articolo che prosegue, sotto): 21 Paesi dell’Unione un salario minimo lo hanno già, mentre solo 6, tra i quali l’Italia, ne sono sprovvisti.
Nella precedente ipotesi si parlava di un salario minimo di 7 euro all’ora. Oggi la cifra di riferimento è 9 euro, simile a quella di altri stati (anche se la Germania è pronta a portarlo a 12 euro all’ora). Secondo Repubblica, ad oggi 4,6 milioni di lavoratori (il 30% del totale) hanno retribuzioni al di sotto di questa cifra: nel settore privato sono il 26%, tra gli operai agricoli sono il 35% mentre tra i lavoratori domestici si arriva addirittura al 90%. L’aumento a 9 euro all’ora di salario minimo, sempre secondo Repubblica, significherebbe portare nelle tasche dei lavoratori 8,4 miliardi in più, con una retribuzione mensile che, per i lavoratori con contratti di 38 ore settimanali, potrebbe essere di 1440 euro e arrivare a 1500 per i contratti che prevedono 40 ore settimanali.
Una cosa, però, va sottolineata bene; la direttiva europea non “obbliga” il nostro Paese a cambiare, in quanto la decisione finale spetta al Parlamento italiano, dove un progetto di legge è tutt’ora in discussione in Commissione Lavoro al Senato ma vede scontrarsi posizioni diverse. La direttiva stessa, in realtà, contiene una precisazione che esclude l’Italia dai Paesi chiamati a intervenire, in quanto dice che gli Stati membri dell’Unione devono stabilire un piano d’azione per promuovere la contrattazione collettiva (e, dunque, l’istituzione di un salario minimo) “laddove il tasso di copertura della contrattazione collettiva sia inferiore a una soglia dell’80%”. In Italia questa soglia è superata e, quindi, la situazione attuale non contraddice la direttiva.

– Di seguito, l’articolo pubblicato il 7 dicembre 2021 –

La storia del salario minimo è lunga e molto diversificata da stato e stato. In Francia, per esempio, esiste dal 1950; in Inghilterra è stato introdotto da Tony Blair nel 1998, in Germania nel 2015. In totale, in Europa, esiste in 22 Stati membri della UE; non in Italia, dove c’è il reddito di cittadinanza, che è cosa leggermente diversa. Per salario minimo, infatti si intende la garanzia di una retribuzione che sia proporzionale al lavoro svolto. Sempre per restare in Italia, il principio è sancito anche nella Costituzione, dove, all’articolo 36 è scritto che ogni lavoratore ha diritto “a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa”. Come è evidente, i parametri sono molto generali e pensati per dar modo ai sindacati delle diverse categorie di avere margine di contrattazione all’interno dei singoli “contratti collettivi” di categoria.

Verso un salario minimo europeo

Ora le cose potrebbero cambiare, perché il Consiglio d’Europa ha accettato la proposta della Commissione dei ministri per il Lavoro e le Politiche Sociali e ha dato il via all’iter negoziale con il Parlamento per arrivare alla definizione di un salario minimo europeo.
Una notizia salutata con particolare positività dal Ministro del Lavoro italiano Andrea Orlando, che ha ricordato come, purtroppo, il mercato del lavoro del nostro Paese sia segnato dalla presenza di “molti lavoratori poveri”. Il salario minimo potrebbe essere “un passo importante nella direzione della costruzione di un’Europa sociale”, ha evidenziato il Ministro all’Ansa. “Credo fermamente che la direttiva in discussione ponga le basi metodologiche corrette per orientare gli Stati membri nell’affrontare” la questione salariale, ha sottolineato il ministro (citando sempre dall’Ansa), evidenziando che in Italia la situazione è “aggravata dai contratti pirata” ed è pertanto cruciale promuovere una “contrattazione collettiva di qualità”.

In Italia il salario minimo europeo potrebbe essere di 1.261 euro al mese

Nel concreto, come detto, il salario minimo, dove attualmente previsto, varia molto: si va dai 1.998,59 euro al mese del Lussembrugo e i 1.614 dell’Irlanda, ai 400 euro della Lituania e i 260,8 euro della Bulgaria. Impossibile, chiaramente, indicare una cifra “minima” che sia unica per tutti i Paesi e, infatti, la proposta della Commissione va nella direzione di definire un minimo che corrisponda al 60% del salario mediano. In Italia, secondi i dati Eurostat, questo salario mediano era di 2.102 euro nel 2018, il che porterebbe a un salario minimo garantito di 1.261 euro al mese, corrispondenti a quasi sette euro l’ora.
Come riporta Europa Today, in un intervento alla tre giorni “Futura”, organizzata dalla Cgil a Bologna, il presidente Inps Pasquale Tridico ha affermato che “oggi sono oltre 2 milioni i lavoratori che lavorano a 6 euro all’ora lordi”. Per tutti loro, dunque, l’introduzione di un salario minimo di questo tipo sarebbe senz’altro una buona notizia.