Asili nido. Mancano 17 mila posti, eppure i soldi ci sono ma non vengono utilizzati

Strutture difficili da gestire, scadenze ravvicinate e disallineamento con le esigenze locali frenano i Comuni. Gap da 17mila posti rispetto al traguardo finale

Nonostante la proroga al 30 aprile, anche il terzo bando PNRR per gli asili nido lanciato dal Ministero dell’Istruzione si chiude con un bilancio deludente: su 800 milioni disponibili, le domande presentate dai Comuni si fermano a circa 400 milioni. A rivelarlo sono fonti interne raccolte dal Sole 24 Ore, che confermano l’ennesimo rallentamento verso l’obiettivo di espansione del sistema integrato 0-6 anni.

Ancora troppi pochi nuovi posti

Il risultato ha già provocato una reazione dell’esecutivo: un emendamento al decreto PNRR, presentato in Senato dal relatore Roberto Marti (Lega), prevede il reimpiego delle risorse inutilizzate nell’edilizia scolastica, altro capitolo strategico del Piano. Ma il segnale politico resta chiaro: l’ambizione iniziale si scontra ancora una volta con le difficoltà operative sui territori.
A marzo, in audizione alla Camera, il ministro Tommaso Foti ribadiva l’impegno a rispettare i nuovi target rivisti nel 2023: da 264.480 a 150.480 posti tra nidi e scuole dell’infanzia. Ma i numeri raccontano altro. Ad oggi, considerando anche i precedenti bandi, si arriva a circa 126mila posti, con ulteriori 14mila ipotizzati grazie a questa tornata. Il totale si fermerebbe dunque intorno ai 140mila, ben al di sotto dell’obiettivo rivisto, confermando le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio.
Tre le cause principali, come evidenzia Il Sole 24 Ore, di questo freno. Primo: i Comuni temono di non poter sostenere nel tempo i costi ordinari di gestione, poiché il PNRR finanzia solo la realizzazione delle strutture. Il contributo pluriennale varato dal governo Draghi, pur salendo fino a 1,1 miliardi dal 2029, non basta a rassicurare tutti. Secondo: i tempi sono stretti. Progettare, costruire e completare entro agosto 2026 non è alla portata di tutte le amministrazioni. Terzo: la distanza tra pianificazione centrale e bisogni locali, specialmente nei territori con bassa occupazione femminile, come il Sud, dove pure si è registrata una buona risposta in termini di domande.
Il rischio, ora, è che il gap di 17.400 posti stimato a gennaio resti incolmato. E che una misura chiave per la conciliazione tra lavoro e famiglia finisca per essere l’ennesima occasione persa.