I bambini del bosco e il caso di Serena Cruz

Il caso della “famiglia del bosco” riporta al centro dell’attenzione il dilemma dell’allontanamento dei bambini dalle loro famiglie. Ma come scriveva Natalia Ginzburg “Il bene di un bambino è crescere con qualcuno per cui egli è un valore supremo. I bambini che crescono negli istituti sentono di non essere un valore supremo per nessuno al mondo”

La vicenda dei cosiddetti bambini del bosco, divenuta in pochi giorni un caso nazionale, ha riportato al centro del dibattito pubblico un tema fragile e doloroso: cosa significa davvero proteggere un minore?
Dopo mesi di verifiche, colloqui e mediazioni, il Tribunale per i minorenni dell’Aquila — su relazione dei servizi sociali e con l’intervento delle forze dell’ordine — ha disposto il collocamento temporaneo dei tre figli in una comunità educativa. Una scelta complessa, motivata non solo dalle criticità scolastiche, ma anche dal rischio di grave pregiudizio per la vita di relazione dei bambini, compromessa dal loro isolamento.

Il sondaggio

Non entriamo nel dibattito che sta nuovamente dividendo l’Italia, limitandoci a riportare un sondaggio della trasmissione televisiva Porta a Porta che indica come il 48,9% degli intervistati sia contrario alla decisione, quasi a sancire anche matematicamente la divisione delle opinioni. Perché, ogni volta che la vicenda di uno o più minori che vengono sottratti alla famiglia finisce sui giornali, ci “scoppia” il sentimento. “Poveri bambini”, diciamo. E così ci interessiamo, ci indigniamo, discutiamo, litighiamo anche… Ma se provassimo almeno un millesimo della passione che oggi sta attraversando l’Italia per il caso dei tre bambini, anche per i milioni di bambine e bambini che vivono negli orfanotrofi nel mondo, chissà come potrebbero cambiare i destini di parecchie migliaia di loro…

Il caso di Serena Cruz

Eppure queste storie non sono nuove. Diversi anni fa (nel lontano 1989) abbiamo vissuto una storia simile, pur con tutte le differenze del caso: quella di Serena Cruz. E anche allora l’Italia di divise. Serena era una bambina, amata dai suoi genitori, che fu tolta alla famiglia che l’aveva accolta per questioni di legge sulle adozioni. Fu una vicenda senza dubbio dolorosa, che ancora oggi ricordiamo soprattutto per un motivo: Serena, diventata maggiorenne e libera, decise di ritornare dai genitori dai quali era stata allontanata.
Natalia Ginzburg, che seguì il caso, scrisse che “il bene del bambino è crescere con qualcuno che gli vuol bene. Il bene lascia radici. Spezzare e devastare queste radici può fare di lui un infelice per tutta la vita. Per tutta la sua vita si porterà dietro il ricordo consapevole o inconscio di quel giorno in cui a un tratto è scomparsa la sua casa, la sua famiglia, tutto quello che lui credeva suo. Il bene di un bambino è crescere con qualcuno per cui egli è un valore supremo. I bambini che crescono negli istituti sentono di non essere un valore supremo per nessuno al mondo …”

Il grido dei bambini abbandonati

Oggi l’Italia si appassiona per tre bambini. Ma nel mondo — e anche nel nostro Paese — milioni di minori crescono negli istituti senza essere “un valore supremo” per nessuno.

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