BAMBINIxLAPACE. Adottare tra le macerie: la risposta ucraina alla brutalità della guerra

“Non vogliamo crescere figli della guerra, ma figli della pace”. Il conflitto distrugge le case, ma non la capacità di donare amore: Olena e Oleksiy, come tante altre famiglie, danno speranza ai bambini rimasti orfani

Nell’Ucraina devastata dalla guerra, storie di dolore si intrecciano a quelle di speranza. Olena e Oleksiy Trochxmcenko, 51 e 54 anni, vivevano a Lebyazhe, un villaggio distrutto dai bombardamenti russi. La loro casa è stata rasa al suolo da un missile, costringendoli a trasferirsi in una dimora prestata da amici rifugiati all’estero. Ora vivono nel distretto di Chuhuiv, una zona al confine con la Russia, dove le incursioni e i bombardamenti continuano a seminare terrore.

88 bambini accolti

Nonostante le difficoltà, Olena e Oleksiy hanno scelto di non arrendersi alla brutalità della guerra. Hanno aperto la loro casa a dieci bambini orfani o abbandonati, regalando loro una nuova famiglia.
Come loro, altre ventuno famiglie del distretto hanno accolto complessivamente 88 bambini, dai pochi mesi ai 16 anni. Un gesto di solidarietà che rappresenta un raggio di luce nell’oscurità della guerra. Accanto a queste famiglie c’è la Caritas greco-cattolica di Kharkiv, che fornisce regolarmente aiuti ai bambini.
Daria e suo marito Roman, di Chuhuiv, sono tra coloro che hanno deciso di adottare. Lei, 25 anni, e lui, autista di camion, hanno accolto Viktoria, una neonata di tre mesi, la cui madre non era in grado di prendersi cura di lei a causa del conflitto. La coppia, già genitore di una bambina di 5 anni, si dice pronta a dare un futuro a questa piccola, nonostante le incertezze della guerra.

Figli della pace

La famiglia Trochxmcenko, invece, non è nuova a questa missione: dal 2006, ha accolto 37 ragazzi.  Ma la guerra ha colpito anche loro: Oleksiy ha perso il lavoro come elettricista ferroviario e oggi si occupa dell’orto, degli animali e dell’istruzione dei ragazzi, che seguono le lezioni online.
Non vogliamo crescere figli della guerra, ma figli della pace” ha dichiarato Oleksiy, con la speranza che presto le bombe lascino spazio alla ricostruzione e a un futuro migliore per i bambini che hanno accolto come figli.

[Fonte: Avvenire]

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