BAMBINIXLAPACE Moldova. Arriva il “Ludobus della pace” di Ai.Bi e nei villaggi ritorna la speranza e il sorriso

I bambini ucraini in fuga dalla guerra ci hanno chiesto se, al prossimo viaggio, invece di giochi potessimo portare loro dei vestiti caldi perché l’inverno sta arrivando

Continua il viaggio del Ludobus della Pace, nei villaggi della Moldova per incontrare i bambini e regalare loro un momento di spensieratezza e ai loro genitori di serenità.

Questa volta il Ludobus ha toccato il villaggio di Popeasca (Stefan Voda). Qui c’è un altro centro destinato all’accoglienza dei cittadini ucraini, profughi della guerra. La struttura era prima un’istituzione residenziale per bambini orfani o provenienti da ambiti familiari disagiati. Essendo situato in una località vicina alla frontiera (di Palanca) confinante con l’Ucraina, il numero dei rifugiati che si fermano nel centro è sempre alto: le cifre balzano tra 200 e 70 persone, mentre la capacità del centro è di circa 90 posti letto. Attualmente, l’edificio serve da “casa” per 59 persone, di cui 27 sono bambini.

Lì, gli operatori di Ai.Bi. Moldova, grazie al Ludobus della pace, iniziativa portata avanti nell’ambito del progetto BAMBINI X LA PACE, hanno incontrato la famiglia di Anna e Serghei, che insieme ai loro 4 “figli” in affido condividono la convivenza con altri connazionali, maggiormente famiglie numerose, con 4, 5 e 7 bambini.

Per la coppia, avere la casa piena di bambini è quasi una normalità, sono abituati all’accoglienza ed hanno sempre mantenuto le porte e le braccia aperte verso i bambini che necessitano dell’amore di una famiglia.

 Essere genitore affidatario, è più che una missione, che va svolta nonostante i tempi di guerra

La notizia dell’arrivo del Ludobus al centro si è diffusa subito nel villaggio ed in un attimo, il cortile apparentemente spopolato dell’istituto si è riempito di bambini allegri, le cui risate si sentivano arrivare fino alla stanza più lontana della struttura.

“Mamma, fai presto, altrimenti gli ospiti – (Amici dei Bambini) – se ne andranno e noi non riusciremo a giocare!”, la vocina impaziente del piccolo Sasha fa sbrigare gli altri bambini e genitori, appena svegliati dal sonno pomeridiano.

Anna lo osserva con pazienza e prima di lasciarlo andare a giocare, gli fornisce le ultime raccomandazioni da “mamma”.

La missione di genitore affidatario Anna ora la svolge anche nei confronti degli altri bambini del centro. La coppia ha anche due figli biologici, che sono rimasti in Ucraina, avendo già delle proprie famiglie.

 Una famiglia che si allarga anno dopo anno

Mantenendo lo stesso tono calmo nella voce, Anna ci racconta la storia dell’affido dei bambini, che è avvenuto gradualmente:

“Prima – spiega Anna- abbiamo accolto le bambine più grandi. La prima aveva poco più di un anno e la seconda solo due mesi di vita. Ora hanno 15 e 13 anni, entrambe con delle spiccate capacità artistiche ed una predilezione speciale per la pittura. Poi è arrivato il maschio, lui ha 10 anni. Siccome la legge ucraina non permette la separazione dei fratelli… e loro continuano ad arrivare, il nostro impegno e di tenerli uniti… almeno come figli della stessa madre.” convinta che tutti i bambini devono crescere insiemeIl processo per l’affido della bambina più piccola (6 anni) è finito un anno fa.

Il sogno di una vita felice in seno ad una bella famiglia unita è stato interrotto a febbraio, dall’urlo delle sirene che annunciavano lo scoppio della guerra in Ucraina.

Per due mesi la famiglia ha vissuto nei sotterranei della propria casa a Cernomorsk (Odessa), dove sono riusciti a portare il necessario per la sopravvivenza.

“Eravamo consapevoli del pericolo – ricorda Tatiana- e perciò andavamo al letto vestiti, come se fossimo pronti a scappare in qualsiasi momento, mentre le valigie erano preparate all’uscita”.

La chiamata dei servizi sociali è stata come un ordine per la famiglia a lasciare il Paese e mettere al sicuro i figli che avevano in affido. Invece, i figli biologici sono rimasti in Ucraina: il maschio a combattere e la femmina ad accudire i propri bambini, a casa.

A parte la difficoltà di muoversi in tanti, nei bus, che già erano strappieni di gente che scappava, Anna si trovava in una condizione di salute precaria. Lo è tuttora. Purtroppo, le è stata diagnosticata una malattia del sistema osseo, che è in continuo peggioramento, e la protesi che le è stata impiantata nella mano le provoca dolori atroci. Le visite dai vari medici si sono concluse senza esiti concreti, anche se, a loro detta, una speranza di trattamento ci sarebbe in Germania.

Cinque mesi di presenza nel centro del villaggio di Popeasca

“Più che il pericolo dei missili che volavono sopra la nostra località – ricorda Anna– il suono delle sirene era diventato insopportabile. Ad aprile abbiamo preso la macchina di famiglia e siamo partiti, senza avere però una destinazione concreta. Nei pressi del confine moldavo, abbiamo incontrato un ragazzo che ci ha indirizzati verso il più vicino centro di smistamento dei profughi. E qui siamo rimasti per 5 mesi”.

Sempre al centro, i ragazzi in età scolastica seguono i corsi on-line.

Purtroppo, oltre il collegamento internet, la struttura non prevede un aiuto con materiali scolastici, per cui i bambini hanno chiesto gentilmente se, alla nostra prossima visita, invece di giochi potessimo portare loro alcuni materiali di cancelleria e, se fosse possibile, dei vestiti caldi per il periodo freddo che si sta avvicinando.

Gli altri genitori raccontano della vita tranquilla al centro, dove tutti abitano come una famiglia. Si sostengono tra di loro, quando arrivano brutte notizie dall’Ucraina e si aiutano come possono. Non chiedono niente per loro. Si accontentano di quello che ricevono e si augurano di poter tornare il più presto a casa.

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Ai.Bi. – Amici dei bambini ha messo in campo una campagna dedicata alla crisi ucraina: BAMBINIxLAPACE, alla quale chiunque può partecipare scegliendo una delle varie modalità di aiuto e vicinanza alle famiglie e i bambini ucraini.
Oggi aiutare un bambino ucraino in fuga dalla guerra, significa tenere viva la sua speranza che la guerra non è l’ultima parola della sua vita e che anche per lui ci sarà un futuro sereno nella sua terra.
EMERGENZA UCRAINA