Chi non festeggia la Giornata mondiale dell’infanzia: il bambino siriano morto al confine dell’Europa

Tra le migliaia di migranti che da giorni sono bloccati al confine tra Bielorussia e Polonia, un bambino di un anno è morto di freddo, attirato lì da false promesse e respinto da muri di indifferenza. Torna urgente più che mai la necessità di parlare dei corridoi umanitari

Morire di freddo, nel gelo di una foresta sconosciuta, mentre i genitori, feriti, guardano impotenti, cercando riparo dal freddo sotto un cumulo di foglie marce. L’orrore si consuma alle porte dell’Europa, che guarda anch’essa, scegliendo, al caldo degli uffici e dei parlamenti, di rispondere all’orrore con qualche dichiarazione di circostanza e tweet indignati che suonano ancora più inutili di quelle foglie che non riparano da nulla.

Un bambino siriano morto di freddo alle porte dell’Europa

Il teatro della tragedia è quel confine tra Polonia e Bielorussia dove da giorni migliaia di migranti si ammassano attirati dalla false promesse di chi li utilizza come un’arma per scopi politici, e che rimangono bloccati dalle decisioni di chi non trova altra risposta che alzare muri e chiudere i propri confini.
Così, succede che un bambino muoia di freddo dopo giorni infiniti passati in condizioni disperate in una zona in cui le temperature sono già sottozero; tredicesima vittima, secondo gli incerti conteggi, di questa situazione.
A dare la notizia sono stati gli uomini dell’organizzazione umanitaria Pcpm, che stanno portando soccorso nella zona e che lottano in uno scenario che di umano ha ormai ben poco. Solo qualche giorno fa – come riporta La Stampa – “la comunità musulmana di Bohoniki, nel Nord-Est della Polonia, aveva celebrato i funerali di altre due vittime”, mentre a inizio settimana era stata la volta di un ragazzo di 19 anni, morto affogato nel fiume Bug, e il cui funerale improvvisato è stato trasmesso in streaming alla sua famiglia lontana. Una famiglia lasciata con la speranza di una vita migliore e ritrovata con il video di una vita che finisce.

Il bambino siriano morto siriano ribadisce la necessità dei corridoi umanitari

Davanti a tutto questo torna più che mai urgente riaprire il dibattito sull’istituzione dei corridoi umanitari, una proposta su cui Ai.Bi. insiste da tempo e che consentirebbe ai rifugiati di entrare nel nostro Paese (come negli altri che prendessero decisioni analoghe) in sicurezza, venendo accolti da un sistema di accoglienza diffusa fatto di famiglie tutor e affidatarie, percorsi di accompagnamento con psicologi, mediatori culturali e figure specializzate di supporto.

Una decisione, quella dei corridoi umanitari, che dovrebbe andare di pari passo con l’implementazione di progetti che aiutino le popolazioni che migrano nel loro Paese d’origine, sia individuando già lì quei minori che potrebbero essere accolti in Italia i maniera organizzata, senza rischiare la vita in mare o nel freddo di una foresta del nord Europa, sia portando aiuti concreti che promuovano l’autosufficienza delle famiglie e diano loro una speranza di futuro e di dignità.
È quello che Ai.Bi. cerca di fare in Siria, per esempio, dove, insieme al suo partner locale Kids Paradis porta avanti da tempo il progetto “Non lasciamoli soli”, che ha portato, nell’ultimo anno, alla costruzione di serre per la coltivazione di ortaggi, la distribuzione di kit igienici e acqua potabile, la distribuzione di capi di bestiame alle donne capofamiglia. Piccoli contributi, nel mare dell’indifferenza del mondo, a cui chiunque può dare il proprio supporto attraverso una donazione e scegliendo di Adottare a Distanza il progetto per la Siria.