Bernicchi (Ai.Bi.): “Garantire trasparenza dei costi e sanzionare chi si macchia di condotte illecite: rispettiamo le buone prassi della Conferenza de L’Aja”

bernicchi-convegnoQuali danni provoca la mancanza di trasparenza ai genitori e ai figli adottivi? Quanto dipende da essa la crescente disaffezione da parte delle famiglie verso l’accoglienza adottiva? Domande scomode a cui il mondo dell’adozione internazionale è chiamato a rispondere al più presto se non si vuole fare appassire definitivamente quello che, fino a qualche anno fa, era il fiore all’occhiello della società italiana. Di trasparenza ha parlato Cinzia Bernicchi, consulente di Amici dei Bambini, nel corso della tavola rotonda svoltasi giovedì 27 agosto nell’ambito del convegno “Adozione internazionale in cerca di futuro. La scelta politica dell’accoglienza”, organizzato da Ai.Bi. a Gabicce Mare.

Il tema della trasparenza è stato oggetto di un lavoro lungo diversi anni svolto da un gruppo di esperti nominato dal Permanent Bureau della Conferenza de L’Aja. Un lavoro che ha portato alla presentazione di un elenco di buone prassi da seguire proprio in fatto di trasparenza. “Buone prassi sulle quali l’Italia tutto sommato è già piuttosto allineata – spiega Cinzia Bernicchi -. Molte sono già nero su bianco. Ma in molti casi non vengono seguite”.

Prima cosa da fare, seguendo il documento della Conferenza de L’Aja, per Bernicchi è eliminare una diffusa confusione sui costi sostenuti dalle coppie nel corso della procedura adottiva. “Confusione dovuta al fatto che non vengono dettagliate le varie voci di spesa, di cui non si dice dove e come vengono impiegate – dice la consulente di Ai.Bi. -. Per questo serve indicare ogni minimo passaggio di denaro”. Inoltre occorre assicurarsi che tutti i pagamenti siano tracciabili ed effettuati tramite gli enti: “Niente pagamenti in contanti e effettuati direttamente dalle coppie”, precisa Bernicchi.

La Conferenza de L’Aja raccomanda poi che tutti gli importi percepiti dagli enti siano effettivamente destinati alla procedura adottiva, senza confonderli con le somme impiegate invece per i progetti di cooperazione che spesso sono portati avanti dagli stessi enti che si occupano di adozione internazionale. E ancora: “Tra le buone prassi – cita Bernicchi – c’è quella di assicurarsi che i contributi richiesti dagli enti per i Paesi di origine per il mantenimento dei minori siano fissi, noti ed effettivamente previsti da quei Paesi”. Un’ulteriore misura consiste poi nel controllare che i consensi all’adozione di persone, minori compresi, istituzioni o organizzazioni non siano stati ottenuti con pagamenti o contropartite di qualsiasi genere.

Capitolo sanzioni. È ancora Bernicchi a illustrarle: “A L’Aja si è stabilito che si debba elaborare un metodo di facile accesso che permetta alle coppie di segnalare, anche in forma anonima, eventuali comportamenti illeciti, creando una procedura chiara per la denuncia di situazioni irregolari. Spesso ciò che dichiarano gli enti non coincide con la realtà: le buone prassi auspicano l’istituzione di un organo di controllo anche su queste condotte da parte di chi si occupa di adozione internazionale”.

I controlli non dovrebbero avere per oggetto solo gli enti, ma tutti gli attori, comprese le autorità, sia nello Stato di origine che in quello di accoglienza, “attraverso un sistema ispettivo” e “sottoponendo l’esito attraverso un processo di revisione o di appello”. In sostanza, a L’Aja si è deciso di “sanzionare tutte le persone, organizzazioni, autorità coinvolte nelle violazioni comprendendo anche chi non ha segnalato le irregolarità”, per esempio con una sorta di audit esterno annuale. “A fronte di quanto emerge da queste verifiche – conclude Bernicchi – dovrebbero essere previste sanzioni adeguate e sufficientemente severe affinché siano efficaci strumenti dissuasori”.