Bolivia. La scoperta del mondo al di fuori dell’orfanotrofio: l’eccezionale esperienza di un gruppo di adolescenti

Grazie alla donazione dell’azienda Bormioli, Ai.Bi. ha potuto offrire a 8 adolescenti degli orfanotrofi boliviani un corso di cucina. Che ha insegnato loro molto, molto di più

Questo breve articolo potrebbe svolgersi così: grazie alla donazione dell’azienda Bormioli, sette adolescenti del Centro di accoglienza Méndez Arcos (e uno del Centro José Soria) hanno frequentato un corso di gastronomia della durata di due mesi.
Racconteremmo cosa hanno fatto i ragazzi, la loro gioia, e riusciremmo a trasmettere già così la bellezza e l’importanza di questa iniziativa e della donazione che l’ha resa possibile.
Però non riusciremmo a rendere bene l’idea di cosa davvero significhi tutto questo.

Molto più che un “semplice” corso di cucina

Per riuscirci, c’è bisogno di un po’ di pazienza in più da parte di chi legge e qualche dettaglio maggiore da parte di chi scrive, facendo alcuni passi indietro.
Per esempio, si potrebbe raccontare che l’ente individuato (quello che offriva maggiori garanzie e, soprattutto, apriva il corso anche ai minorenni) era in una zona della città distante dall’orfanotrofio: poco male, trattandosi di adolescenti ed essendoci i mezzi pubblici, il problema appare di facile soluzione. E invece no, perché questi ragazzi, che sono stati abbandonati, magari da molto piccoli, e mai adottati (per tutti quei motivi dei quali abbiamo più volte parlato in merito alle neglect list) nel corso delle loro vita, sono usciti dal centro praticamente solo per andare a scuola e non sanno muoversi per la città. Così, quando la psicologa di Ai.Bi li ha accompagnati a comprare le schede ricaricabili per i mezzi pubblici, le loro facce esprimevano una gioia e un’emozione pari a quelle che avrebbero avuto alla consegna di una carta di credito dal plafond illimitato.
Ma si potrebbe raccontare anche del viaggio in autobus, pieno di domande su tutto quello che scorreva davanti ai loro occhi, dietro i finestrini. E nello stesso tempo il racconto dovrebbe soffermarsi sulle loro difficoltà, sul timore di girare per la città, appesantito dalla vergogna di chiedere indicazioni alle persone estranee.
Potremmo raccontare del ritardo di alcuni il primo giorno, a causa di un autobus perso, o la frustrazione di chi ha dovuto saltare la prima lezione perché non erano arrivati in tempo i permessi per uscire dall’Istituto.
Sono tutti dettagli fondamentale per capire realmente quanto un’azione del genere sia importante per i ragazzi e nello stesso tempo complicata da organizzare e da analizzare in tutti i suoi dettagli, a volte inaspettati anche da chi con questi ragazzi ci lavora da tempo.

La gioia della condivisione

Il resto è un racconto più “normale”, anche se rimane bellissimo: le varie lezioni sulle tecniche di elaborazione dei cibi, la scelta degli ingredienti, l’importanza dell’igiene e di tenere pulita la postazione di lavoro, ma anche le uscite per imparare a comprare nei negozi e a valutare i prezzi. E, naturalmente, la gioia di degustare quanto cucinato e quella, ancora più grande, di poter cucinare per tutti gli amici e i compagni dell’orfanotrofio, gli assistenti sociali, gli psicologi e la stessa maestra del corso, condividendo e moltiplicando la soddisfazione per un’esperienza che aveva bisogno di qualche riga in più per essere raccontata in tutta la sua bellezza!