Bulgaria. Ricostruzione, in base a documenti ufficiali, dei presunti fatti legati all’adozione con Ai.Bi. di alcuni minori

bambini bulgariaIn relazione alle notizie apparse sui media con riferimento a presunti fatti legati all’adozione di alcuni minori realizzata in Bulgaria da una famiglia italiana per il tramite di Ai.Bi. nel corso del 2012, ricostruiamo, come sempre in base a documenti ufficiali in nostro possesso, l’evolversi dell’intera vicenda.

1) La famiglia era rientrata in Italia con i minori adottati all’inizio del mese di giugno 2012. Nelle schede sanitarie fornite ad Ai.Bi. dall’Autorità Centrale Bulgara dei minori, utilizzate per l’abbinamento, non risultava nulla di anomalo né nulla si era manifestato nel corso dell’adozione, regolarmente conclusasi.

 

2) Una volta in Italia, contattata dall’operatrice di Ai.Bi. per l’organizzazione del colloquio di rientro – prassi inserita nella procedura di accompagnamento post adottivo di Ai.Bi. –  la famiglia per impegni di lavoro dava direttamente appuntamento al primo colloquio di post adozione previsto per il mese di settembre 2012. L’Autorità Centrale Bulgara richiede che venga inviata una relazione di monitoraggio post adottivo sull’inserimento dei minori adottati nel nucleo familiare ogni 6 mesi dal rientro in Italia, per un periodo di 2 anni (per un totale di 4 relazioni).

 

3) Il 17 settembre 2012 la famiglia incontrava nella sede locale di riferimento la psicologa di Ai.Bi. per il primo colloquio di post adozione. Dalla relazione predisposta dalla psicologa non emergeva nulla di particolare, si segnalava invero che tutto procedeva per il meglio e che l’inserimento dei minori nel nuovo contesto familiare e sociale avveniva “in modo sereno e con buoni risultati”.

 

4) Il 2 ottobre 2012 il padre dei minori riferiva telefonicamente alle operatrici e al Presidente dell’Ente di avere appreso da racconti dei figli che i minori avrebbero avuto tra loro comportamenti sessualizzati. Lo stesso giorno delle telefonate, veniva organizzato un incontro presso la sede locale di riferimento tra la famiglia e la psicologa di Ai.Bi. (incontro a cui avevano partecipato anche l’operatore della sede locale e una pedagogista). Dalla relazione dell’incontro si evinceva di problematiche emerse riferibili “ad una precoce sessualizzazione” dei fratelli che manifestavano tra di loro “modalità di relazione sessualizzate” e riferivano di comportamenti sessualizzati tra minori. Con lo scopo di verificare cosa fosse realmente accaduto nel passato dei bambini, seguendo il protocollo previsto per simili casi non rari nella realtà dei minori istituzionalizzati, alla famiglia veniva consigliato di attivare un percorso presso una neuropsichiatria con competenza specifica su  abusi sessuali, consulente del Tribunale per i Minorenni, e veniva data la disponibilità per fissare immediatamente un appuntamento.

 

5) Il giorno successivo, in data 3 ottobre 2012, in una mail scritta all’operatrice e alle professioniste dell’Ente, il padre dei minori scriveva: “riguardo la visita dal neuropsichiatra abbiamo deciso di rivolgerci ad un nostro amico [..] quindi non è necessario prenotare altrove. Grazie davvero per la disponibilità, comunque ci aggiorneremo anche in merito, per vostre eventuali richieste e integrazioni”.

 

6) Sempre in data 3 ottobre 2012 si svolgeva un colloquio tra i coniugi e un Avvocato del Foro di residenza della famiglia, legale che opera in rete con Ai.Bi. Durante il colloquio la coppia rifiutava anche il suggerimento dell’Avvocato di rivolgersi ad una clinica specializzata di sua conoscenza e ribadiva la volontà di procedere in autonomia nella ricerca di un professionista che li potesse supportare.

 

7) In data 12 ottobre 2012 il padre dei minori inviava una mail al Presidente di Ai.Bi. (e ad un comune conoscente) con alcune riflessioni sul proprio percorso adottivo e sui servizi resi da Ai.Bi. Nella mail il padre dei minori – dopo aver fatto ancora riferimento genericamente ai racconti dei propri figli su accadimenti riguardanti il periodo in istituto senza precisare mai di cosa si trattasse  – scriveva:  “Per noi (genitori e figli ndr) è comunque iniziato una sorta di «viaggio della speranza». [..] Vogliamo capire ancora meglio cosa è successo ai nostri bambini innanzitutto. E dopo individuare il percorso per il futuro. Le indicazioni ci devono essere date, dopo valutazioni attente, dai più autorevoli professionisti del settore. Dopo, solo dopo, ben sapendo comunque come la psicologia e la psichiatria non siano scienze esatte, saranno i genitori di questi bambini, mia moglie ed io, con il supporto di chi vorrà veramente stare vicino a queste anime innocenti, ad individuare i percorsi della vita. Senza perdere tempo inutilmente, ma senza alcuna inopportuna fretta”. Nella mail non si faceva mai riferimento a violenze sessuali su minori o a reti di pedofili.

 

8) A partire dallo stesso mese di ottobre 2012 l’intera famiglia decideva di farsi seguire da un Centro Specializzato in Terapia Familiare situato in una città di una regione limitrofa a quella di residenza, venendo presi in carico da psicologhe cliniche / neuropsicologhe. La terapia prevederà incontri con la famiglia con cadenza settimanale per un anno e successivamente con cadenza bi-settimanale e le professioniste del centro – su richiesta della famiglia – verranno incaricate di stendere le relazioni relative al secondo, terzo e quarto adempimento post adottivo. Tali relazioni verranno consegnate all’Autorità Centrale Bulgara a distanza di 6 mesi circa l’una dall’altra, come previsto dagli adempimenti post adottivi del Paese.

 

9) A partire dal mese di novembre 2012 l’ente Ai.Bi. chiedeva telefonicamente al padre dei minori la documentazione clinica relativa al percorso terapeutico intrapreso in autonomia dalla famiglia al fine di integrare le relazioni di cui l’Ente già disponeva ed informare in maniera circostanziata le Autorità competenti in Bulgaria e in Italia. Tuttavia, nessuna relazione documentale di esperti che potesse fare luce sull’origine dei comportamenti sessualizzati dei minori o su altri fatti (mai riferiti all’Ente) veniva consegnata dalla famiglia all’Ente. Anche le fotografie dei minori da allegare alla relazione del primo post adozione, più volte richieste, non venivano mai consegnate dalla famiglia all’Ente.

 

10) In data 16 novembre 2012 il padre scriveva al Presidente di Ai.Bi. (e al comune conoscente) “alcune riflessioni sulla vicenda bulgara”, indicava che la mail era rivolta anche alla moglie del Presidente (Irene Bertuzzi, Amministratore delegato di Ai.Bi.)  “con cui ieri ho avuto modo di parlare e poterne apprezzare le maniere e cogliere la dedizione che ci mette nel lavoro delicato ed importantissimo di Ai.Bi.”. Confermava la presa in carico dei bambini da parte di professionisti specializzati evidenziando che “solo adesso, grazie anche al supporto di persone esperte nel settore, conosciamo appieno la loro storia”, ma si guardava bene dal specificare alcunché a riguardo, esternando invece generiche e decontestualizzate accuse anche al personale estero dell’Ente.

 

11) Alle continue richieste da parte di Ai.Bi. di ricevere documentazione inerente le visite dei neuropsichiatri infantili che avevano preso in carico i minori, il padre viceversa indirizzava al Presidente di Ai.Bi. e alle operatrici altre note sempre dello stesso tenore. Così in data 12 dicembre 2012 in una mail avente all’oggetto “I Talebani e i farisei” riferiva che “in questi due mesi, che ho doverosamente dedicato quasi interamente ai miei figli ed ai loro bisogni, ho pensato anche di riflettere su Ai.Bi.” e proseguiva con una lunga riflessione sulle interviste rilasciate dal Presidente di Ai.Bi. in TV in merito alla definizione di “ I Talebani dell’adozione”. Chiudeva la mail con “penso che vi scriverò nuovamente, vi auguro già un Natale di riflessione. Perché il rischio di essere i Farisei dell’adozione esiste, eccome”, ma nulla rispetto a situazioni di pedofilia.

 

12) Infatti in data 23 dicembre 2012 rivolgeva i suoi “personali” auguri di Natale “Perché li a…[nome dell’istituto ndr], come nei campi di sterminio, Dio è morto. Fino a quando il crimine biblicamente inaudito verrà favorito dai complici, dal vile silenzio interessato” e in data 30 dicembre 2012 gli auguri per un “Buon 2013”, nelle quali parafrasando il titolo di un libro scritto dal Presidente di Ai.Bi. “Ma Dio Tace”, scriveva “Dio è morto, ucciso dall’uomo e dall’umana indifferenza. E’ morto fino a quando le anime innocenti giocheranno li. In quell’inferno. Nell’abbandono, l’ennesimo subito, il più tragico”, quindi l’augurio “A lei, ad Ai.Bi., la sua organizzazione di compiaciuti «talebani dell’adozione», auguro, davvero, una rivoluzione. Magari senza facili proclami, senza ostentazione. Ma ricca, davvero, di cambiamenti e contenuti. Perché di Farisei il mondo dell’adozione, davvero, non ne ha bisogno. Di veri Amici i bambini ne hanno bisogno, eccome” e una tenue minaccia “Magari l’anno incombente porterà nuove che vi indurranno, quantomeno, ad una riflessione”. Anche in queste due ultime note, nulla a riguardo di quanto da noi richiesto.

 

13) Il 3 gennaio 2013 un giornalista de L’Espresso contattava le operatrici ed il Presidente dell’Ente via mail ponendo una serie di domande con preghiera di urgente risposta al fine di poter completare la riferita “indagine” da lui aperta “da oltre un mese”! per casi di pedofilia nell’istituto in cui la famiglia aveva adottato i minori. E’ la prima volta che Ai.Bi. apprendeva della supposta  “esistenza di una rete di pedofili”.

 

14) L’11 gennaio 2013 veniva pubblicato da L’Espresso l’articolo del giornalista dal titolo “Nella tana degli orchi” in cui si riferiva di accadimenti relativi ad un istituto in Bulgaria nel quale sarebbero avvenuti abusi e violenze sessuali sui minori da parte di pedofili adulti. Di questi fatti, secondo l’articolo, il Presidente di Ai.Bi. ne era al corrente sin dal 12 ottobre 2012. Tale cosa, come visto, risultava non vera. Nell’articolo si faceva riferimento anche ad un esposto inviato dalla famiglia al Presidente della CAI con allegato il rapporto dell’equipe di psicoterapeuti che aveva in cura la famiglia dall’ottobre 2012 secondo i protocolli adottati dai centri di terapia familiare. Rapporto che la famiglia, come detto, si era sempre rifiutata di consegnare all’Ente e di cui a tutt’oggi l’Ente non solo non ne ha preso conoscenza, ma ne ignora la effettiva esistenza.

Questo è il punto veramente  oscuro e inquietante:

  • se realmente esiste, perché questo rapporto non è mai stato consegnato ad Ai.Bi. nonostante le periodiche e insistenti richieste rivolte al padre dei minori?
  • e ancora: se effettivamente esiste , perché il rapporto non è stato trasmesso dalla equipe, che come visto aveva in cura il nucleo familiare fin dal mese di ottobre, al competente Tribunale dei Minorenni, avvisando, per dovere professionale, gli operatori di Ai.Bi.?
  • altro  aspetto allarmante: perché il padre dei minori invece che alle istituzioni preposte, si è rivolto a L’Espresso sin dal mese di novembre secondo quanto riportato dal giornale medesimo?

 

15) Alla luce delle gravissime imprecisioni e delle circostanze infondate contenute nell’articolo pubblicato, in data 14 gennaio 2013 l’Ente chiedeva a L’Espresso il diritto di replica al fine d rendere noto il corretto resoconto dei fatti. Nella  rettifica , pubblicata su L’Espresso il 25 gennaio 2013,  si precisava tra l’altro che, diversamente da quanto scritto dal giornalista nel suo articolo, il Presidente di Ai.Bi. aveva dichiarato di avere attivato “subito” i propri canali di sostegno per la coppia.

 

16) Nel mese di gennaio 2013 i contenuti dell’articolo pubblicato su L’Espresso venivano ripresi dalla stampa e dalla televisione in Bulgaria. Il 14 gennaio 2013 la testata bulgara “Blitz” pubblicava un’intervista al direttore dell’Agenzia statale per la tutela del bambino, Kalin Kamenov, in cui si annunciava l’avvio di una verifica sui fatti segnalati.

 

17) Il 13 febbraio 2013 la testata bulgara “Monitor” pubblicava l’intervista a Svetlana Angelova, Vice Presidente della Commissione Sociale presso l’Assemblea nazionale, la quale affermava con decisione che nell’istituto in questione “Non sono stati evidenziati dati di abusi” affermando che l’accusa dell’ Espresso” è una speculazione [..] per denigrare l’immagine del nostro Paese”.

 

18) In data 8 maggio 2013 la neuropsicologa del Centro Specializzato che come detto aveva in cura la famiglia a partire dal mese di ottobre 2012, predisponeva la relazione relativa al secondo colloquio di post adozione, successivamente inviata alle autorità in Bulgaria ed in Italia,da cui non emergeva alcuna delle problematiche esposte nell’ articolo dell Espresso!! Nell’introduzione si specificava genericamente che: “La sottoscritta ha conosciuto i minori in seguito ad un percorso di psicoterapia familiare, iniziato a ottobre 2012 ed ancora in corso, presso il CTR. La richiesta della psicoterapia nasce con l’intento di contenere ed elaborare i gravi traumi subiti dai minori durante la loro permanenza in istituto”.

 

19) Anche nella relazione relativa al terzo colloquio di post adozione, predisposta il 27 novembre 2013 sempre dalla stessa neuropsicologa e da una collega del Centro Specializzato a cui la famiglia si era rivolta, non si riferiva di specifici accadimenti riguardanti il periodo in istituto dei minori. Si specificava che il percorso di psicoterapia famigliare si era reso necessario “a causa dell’evento traumatico cui sono stati testimoni i fratellini durante il periodo di permanenza in istituto, previa adozione”.

 

20) Solo nella relazione relativa al quarto colloquio di post adozione predisposta in data 16 maggio 2014 dalla neuropsicologa del Centro Specializzato a cui si era rivolta la famiglia, a quasi due anni dal rientro in Italia dei minori, si fa riferimento in nota al fatto che “i minori hanno raccontato di violenze e abusi subiti da adulti”.

 

21) A tutt’oggi  Ai.Bi. non è a conoscenza di cosa sia realmente accaduto – e se accaduto – ai minori in questione.”