Cassazione: è reato di maltrattamenti umiliare sistematicamente un alunno di fronte a tutta la classe

La Corte di Cassazione con sentenza n. 3459 del 27 gennaio 2021 ha rigettato il ricorso di un professore di scuola media, confermando l’obbligo di risarcire il danno ai genitori della vittima che si erano costituiti parte civile.

 Apostrofare in classe, ripetutamente e per di più di fronte a tutti i compagni,  uno studente con epiteti ingiuriosi potrebbe integrare gli estremi del reato di maltrattamenti.

 A riportare la notizia è il Sole24Ore.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 3459 del 27 gennaio 2021 ha rigettato infatti il ricorso di un professore di scuola media, reputandolo inammissibile e confermando la sentenza emanata dal Tribunale di Palermo, che prevedeva anche l’obbligo di risarcire il danno ai genitori della vittima che si erano costituiti parte civile.

Del resto, appellare ed “umiliare” uno studente, nel caso, appena dodicenne, qualificandolo sistematicamente come “fetente” o “deficiente” epiteti “dall’indiscutibile valenza ingiuriosa”, sottolinea la Corte, non può certamente essere giustificato da qualsivoglia scopo “correttivo” ma  è anche evidente che “quand’anche il suo autore avesse agito con quegli intenti, tale suo comportamento non fosse affatto adeguato a questi ultimi, perciò mancando anche del necessario requisito della proporzione” riporta la sentenza, integrando quindi il reato di maltrattamenti.

La questione è delicata e non di poco conto.

Perché se è vero che la scuola italiana negli ultimi anni non brilla per rispetto e supporto ai suoi docenti. Con alunni troppo spesso maleducati e genitori pronti a difendere i propri ragazzi invece di schierarsi dalla parte dei professori, è pur vero che nessun intento correttivo od educativo può mai neanche lontanamente giustificare l’umiliazione e l’offesa di un adolescente o di un bambino, da parte di nessuno, tanto meno di un insegnante che dovrebbe essere esempio, modello e guida.

I giovani sono esseri fragili,  con emozioni e animi in tumulto. Quell’umiliazione reiterata, inferta di fronte a tutta la classe quali sentimenti di vergogna, di frustrazione, di impotenza, di inadeguatezza, potrebbe scatenare nella mente e nell’animo di un adolescente?

Così com’è accaduto a Luca, 17 anni, che nel luglio del 2019  si è tolto la vita. Una morte incomprensibile. Solo oggi, grazie alle testimonianze dei compagni di classe emerge un’ipotesi. Luca  si sentiva umiliato. Un professore a scuola sembra lo avesse preso di mira, per quasi un intero anno scolastico di fronte agli altri studenti, si legge sul Messaggero. Luca è fragile, ha problemi di apprendimento. L’umiliazione l’avrebbe portato a compiere il gesto estremo. Ora l’ipotesi è al vaglio degli inquirenti, a loro il compito di stabilire l’esistenza di una connessione tra il tragico gesto del giovane e le umiliazioni subite.