Adozione internazionale. Che cosa chiediamo ai nuovi vertici Cai? 1. Riportare pace nel sistema Italia – 2. Valorizzare la risorsa famiglia – 3. Ristabilire la fiducia con i Paesi di origine – 4. Porgere le scuse a RDC e Bulgaria

boschi-dellamonicaIn questi giorni si rincorrono sempre più le voci sulla nomina dei vertici della Commissione Adozioni Internazionali. Mercoledì 22 febbraio il settimanale “Panorama” ne anticipava i nomi: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi alla presidenza e la presidente del Tribunale per i Minorenni di Firenze Laura Laera alla vicepresidenza. Auspicando che, dopo 3 anni di totale paralisi della Commissione, sia finalmente arrivato davvero il momento di una svolta, Amici dei Bambini rivolge ai futuri vertici della Cai una richiesta nell’interesse dei bambini abbandonati e delle famiglie che intendono adottare. Rimettere in marcia un sistema bloccato da 3 anni non sarà facile e richiederà tante operazioni. Tra queste, Ai.Bi. ne ritiene preminenti e particolarmente urgenti 4.

1. Innanzitutto riportare la pace e la serenità in un settore che, in passato, si è sempre contraddistinto per la collaborazione costruttiva tra Cai, enti autorizzati e famiglie. Un clima positivo rovinato nell’ultimo triennio, caratterizzato invece da un’atmosfera di odio, di veleni, di caccia alle streghe, di scontri tra i vari attori del sistema messi gli uni contro gli altri. Per uscire da questa situazione si potrebbe prendere a modello un’esperienza già fatta in passato, all’indomani dell’approvazione da parte dell’Italia della Convenzione de L’Aja: gli incontri di Montecatini, che nel 2001 riunirono le “4 gambe del tavolo dell’adozione internazionale” – Cai, Tribunali per i Minorenni, enti autorizzati e servizi pubblici – che diedero vita a un confronto costruttivo in grado di porre le fondamenta del sistema.

2. In secondo luogo, è necessario tornare a valorizzare le famiglie che, insieme agli enti autorizzati, sono stati i soggetti maggiormente abbandonati a sé stessi negli ultimi 3 anni. È quanto mai urgente, pertanto, ripristinare tutti i servizi dedicati agli aspiranti genitori adottivi – dalla linea verde Cai per le famiglie ai rimborsi delle spese sostenute per l’adozione – e fare in modo che la Commissione e il governo si impegnino per porre un freno al continuo calo del numero di coppie disposte a intraprendere il percorso dell’adozione internazionale. Non dimentichiamo, infatti, che in Italia le coppie sposate senza figli sono 5 milioni e 430mila: moltissime di loro potrebbero rappresentare una risorsa per milioni di bambini abbandonati. Le famiglie devono essere quindi viste come una risorsa da accompagnare prima, durante e dopo lungo un percorso virtuoso come quello dell’adozione. Per farlo è necessario innanzitutto ridare loro fiducia nel sistema.

3. La ripresa dell’adozione internazionale, inoltre, non può prescindere dal ristabilire dei rapporti di reciproca fiducia tra l’Italia e i Paesi di origine: una relazione positiva assolutamente assente dal 2014. In questi 3 anni, infatti, nessuna delegazione della Cai ha fatto visita ai Paesi di provenienza dei minori adottati e, viceversa, nessuna rappresentanza straniera è stata ricevuta dalla nostra Commissione. Ed è da 5 anni che non viene aperta la possibilità di adottare in alcun Paese del mondo. L’apertura di nuovi Paesi e la ripresa dei contatti con quelli di origine (dalla Bolivia alla Cambogia alla Russia) devono quindi essere tra le priorità dei nuovi vertici della Cai.

4. Ristabilire dei rapporti positivi con i Paesi di origine deve necessariamente passare dal porgere le scuse, da parte del governo italiano, alle autorità straniere colpite dal fango che l’attuale vicepresidente della Cai, affiancata da alcuni media, sta spargendo su di loro. Non possiamo dimenticare, infatti, la violenta campagna diffamatoria condotta da Silvia Della Monica, dal settimanale “l’Espresso” e, da ultima, anche dalla Rai con la paradossale pseudo-inchiesta di “Presa Diretta”: offese quotidiane, anche con termini di violenza inaudita, contro le autorità di 2 Paesi di origine con i quali l’Italia, in precedenza, aveva sempre avuto rapporti positivi. Stiamo parlando di Repubblica Democratica del Congo e Bulgaria: nel primo caso si sarebbe sviluppata addirittura una “mafia delle adozioni” che strapperebbe dei bambini alle proprie famiglie per farli adottare, mentre nel secondo agirebbe una vasta rete di pedofili negli istituti per minori. Eppure, per quanto riguarda il Congo, più volte è stata sottolineata, anche da rappresentanti delle istituzioni italiane, la grande collaborazione fra i due Paesi che ha portato allo sblocco delle adozioni rimaste ferme dal settembre 2013. Orbene, le autorità del Paese africano, colpite e turbate dalla veemenza inaudita degli attacchi a loro portati da “l’Espresso” e Silvia Della Monica, hanno inviato documenti ufficiali per smentire quanto narrato : prove che però non sono mai state prese in considerazione dalla nostre istituzioni preposte. La Bulgaria, dal canto suo, si è dotata di un sistema adottivo preso a modello da altri Paesi e soprattutto ha condotto una massiccia azione di deistituzionalizzazione che, dal 2009, ha portato alla valorizzazione dell’accoglienza in famiglia, all’introduzione dell’affido famigliare e alla chiusura progressiva, conclusa nel 2015, dei grandi istituti. Che l’Italia porga le scuse alle autorità di questi due Paesi sarebbe quindi il minimo da fare per ristabilire buoni rapporti con le diverse realtà di origine dei bambini adottati.