Repubblica Democratica del Congo. Le drammatiche storie di bambini abbandonati e la concreta speranza di famiglie ritrovate

Visite psicosociali e sostegno economico per ricostruire legami familiari interrotti: grazie ai sostenitori della campagna “Africa. Emergenza Abbandono”, Ai.Bi. promuove attività finalizzate alla reintegrazione familiare per i bambini negli orfanotrofi

La reintegrazione familiare è un processo fondamentale per il benessere e lo sviluppo dei bambini ospitati negli orfanotrofi della Repubblica Democratica del Congo.

Grazie al supporto dei sostenitori della campagna Africa. Emergenza Abbandono, Ai.Bi. ha potuto promuovere numerose iniziative per favorire il ricongiungimento tra i minori e le loro famiglie d’origine, come abbiamo già raccontato qui.

Un percorso complesso e delicato

La famiglia è il luogo più adatto per garantire una crescita sana e armoniosa dei bambini. Tuttavia, molti di loro si trovano in situazioni di abbandono o separazione forzata dai propri cari. Le visite alle famiglie sono una delle attività più delicate intraprese dall’equipe psico-sociale di Ai.Bi., con l’obiettivo di rintracciare le famiglie biologiche o allargate dei bambini accolti negli orfanotrofi FED e SODAS . Questa attività permette di offrire sostegno psicosociale e avviare un percorso di riconciliazione e reintegrazione familiare.
Negli ultimi mesi, sono state effettuate numerose visite a famiglie, molte delle quali coinvolte nei progetti di riunificazione. Queste famiglie, oltre a beneficiare del supporto psicosociale, saranno sostenute anche attraverso le Attività Generatrici di Reddito (AGR), pensate per migliorare la loro condizione economica e sociale, garantendo così un ambiente più sicuro e stabile per i bambini.

Difficoltà nella riunificazione

Il lavoro dell’equipe psico-sociale, seppur prezioso, non è privo di ostacoli. Alcuni bambini sono stati separati dai loro familiari per molti anni, rendendo difficile il riconoscimento reciproco tra parenti. In alcuni casi, i membri delle famiglie hanno completamente perso traccia dei propri figli o nipoti, e la distanza emotiva ed effettiva crea sfide complesse nella riunificazione.

Il caso di Moise

Un esempio di queste difficoltà è rappresentato dalla storia di Moise, un bambino ospitato nell’orfanotrofio SODAS da oltre tre anni. Durante questo periodo, i contatti con la sua famiglia si erano interrotti e le informazioni nel fascicolo non fornivano indicazioni utili per rintracciarla. L’equipe ha quindi deciso di recarsi nel quartiere di Mugunga, luogo in cui Moise era stato recuperato, per cercare indizi sulla sua famiglia.
La ricerca è stata complessa: inizialmente, una ragazza che viveva nel terreno precedentemente occupato dalla famiglia di Moise non è stata in grado di fornire dettagli utili. Tuttavia, attraverso l’ex responsabile della zona e il coinvolgimento dei vicini, è stato possibile scoprire che la famiglia di Moise si trova attualmente nel campo sfollati di Bulengo. Inoltre, uno dei figli della famiglia canta nello stesso coro del bambino, offrendo così una speranza di incontro imminente.
Grazie a questa rete di contatti, l’equipe ha potuto organizzare ulteriori passi per riunire Moise con i suoi cari. Questo tipo di ricerca richiede pazienza e perseveranza, ma rappresenta un passo cruciale verso la reintegrazione familiare, offrendo ai bambini come Moise la possibilità di ritrovare le proprie radici e costruire un futuro migliore accanto alla propria famiglia.

Africa. Emergenza Abbandono in Repubblica Democratica del Congo

Ai.Bi. ha lanciato, nell’Africa Sub-Sahariana, una campagna regionale di contrasto all’abbandono che coinvolge, oltre alla Repubblica Democratica del Congo, altri tre paesi nei quali l’emergenza abbandono è drammatica: GhanaRepubblica del Congo (Congo Brazzaville) e Burundi. Con il tuo sostegno, potremo garantire a quanti più minori possibile accolti dagli orfanotrofi, assistenza, cibo, cure e, soprattutto, la fiducia in un futuro differente. Che ancora è possibile! Sostieni anche tu la campagna “Africa. Emergenza Abbandono in Repubblica Democratica del Congo”.