Corte Costituzionale: una “adozione aperta” dal futuro incerto

La sentenza della Consulta limita fortemente il primato dell’adozione legittimante rispetto alle altre forme di adozione, ridimensionando conseguentemente la possibilità per il minore abbandonato di creare un rapporto esclusivo e riparatore che solo la presenza di due genitori definitivi permette

La decisione della Corte Costituzionale era stata presa all’inizio di luglio, ma solo ora è stata pubblicata e resa nota l’attesa Sentenza 183/2023 che decide sulla sollevata questione di incostituzionalità dell’art. 27 comma 3 della L. 184/1983. Questione di cui Ai.Bi. si era già occupata in passato e che non ha mancato di suscitare un grande dibattito, rinnovato, ora, dall’arrivo delle motivazioni della Consulta.
La Sentenza rigetta l’eccezione di costituzionalità sollevata e dichiara quindi l’articolo in questione conforme ai principi costituzionali, tuttavia dà un’interpretazione della norma innovativa e particolare, che di fatto scardina l’intero sistema adottivo attuale.

Adozione aperta e rapporti di fatto

La sentenza, dopo una lunga ed approfondita disamina sulla procedura adottiva, conclude riconoscendo all’adozione “speciale”, da intendersi quella che non recide i vincoli familiari originari, un ruolo non secondario rispetto all’adozione legittimante o “piena”, ma al contrario un ruolo comprimario con la stessa. “La persistenza o meno di un rapporto giuridico di parentela, profilo distintivo tra le due fattispecie, è infatti un elemento certamente idoneo a riverberarsi sul mantenimento delle relazioni di fatto” così dice la Sentenza arrivando a uno dei punti nodali della questione: i rapporti di fatto.
L’altra conclusione della Sentenza, che è poi l’interpretazione che dà al testo di legge art 27 c 3, recita: “Con l’adozione cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine, salvi i divieti matrimoniali” è quella per cui nell’adozione piena, la cessazione dei rapporti con i componenti della famiglia d’origine deve riguardare sempre i legami giuridico-formali di parentela, ma non necessariamente e non sempre le relazioni di natura socio-affettiva.
Ciò vuol dire che l’adozione legittimante o piena, recide dal punto di vista giuridico i rapporti tra l’adottato e i componenti della famiglia d’origine, ma non i rapporti di fatto!
Questa interpretazione determina il venir meno dell’interruzione dei rapporti con i familiari biologici quale conseguenza diretta e automatica della pronuncia di adozione.

La tutela dell’interesse del minore

La questione dell’automatismo era già stata criticata in passato e la Corte Costituzionale la affossa definitivamente.
Se ne ammette la validità: “In termini del tutto generali e astratti, simile presunzione è non irragionevolmente correlabile all’interesse del minore. L’esigenza di allontanare il bambino (o il ragazzo) da un passato per lo più doloroso e quella di assicurare la massima autonomia e serenità educativa ai genitori adottivi, dai quali dipende l’equilibrata crescita del minore, rendono, di norma, la cessazione delle relazioni di fatto con i componenti della famiglia d’origine coerente con l’obiettivo di tutelare l’adottato”.
Tuttavia ne esclude l’automaticità: “Nondimeno, ove la suddetta presunzione dovesse essere interpretata in termini assoluti, sì da sottendere un divieto per il giudice di ravvisare in concreto un interesse dell’adottando a mantenere positive relazioni socio-affettive, si avrebbe un punto di rottura con i principi costituzionali posti a difesa degli interessi del minore e in specie della sua identità”. Ammettendo che: “La tutela dell’identità del minore (e con essa il suo interesse a preservare positive relazioni di natura affettiva) non è compatibile con modelli rigidamente astratti e con presunzioni assolute, del tutto insensibili alla complessità delle situazioni personali, che possono in concreto smentire la «generalizzazione posta a base della presunzione stessa”.
In relazione infine alla tipologia di rapporti, la Sentenza conclude: “Se è vero che il dato testuale della disposizione è ampio e tale da poter ricomprendere nella nozione di «rapporti» anche le relazioni di fatto, è parimenti vero che l’espressione utilizzata è generica e, dunque, ben si presta, a fronte di un preminente interesse concreto del minore a veder preservate relazioni di tipo socio-affettivo a tutela del suo diritto costituzionalmente protetto all’identità personale, a tollerare una contrazione del riferimento ai «rapporti» ai soli legami di natura giuridico-formale”.
La Sentenza continua nel tentativo di giustificare la propria decisione affermando che è nell’interesse del minore mantenere i rapporti con un soggetto “che non soltanto non è responsabile dello stato di abbandono, ma è stato spesso l’unico sostegno morale del minore nella condivisione del trauma costituito dalla mancanza di assistenza morale e materiale” facendo riferimento a sorelle o fratelli, ma anche a nonni o altri familiari.
In sostanza, la Corte riconosce la responsabilità dello stato di abbandono ai genitori, che restano esclusi da rapporti futuri con l’adottato, ma consente il mantenimento di rapporti con altri soggetti che non potevano sopperire al suo stato di bisogno, laddove tale mantenimento è nell’interesse del minore.

Le critiche alle motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte sono criticabili e non condivisibili, in particolare quella che fa riferimento ai fratelli e sorelle, e il quadro che si va profilando diviene tetro e complesso.
La stessa Corte se n’è resa conto e ha cercato di riparare fornendo delle indicazioni al legislatore e ai tribunali, che di fatto sono già in essere nella procedura adottiva.
Anche la stessa precisazione che “Nell’individuazione dei genitori destinatari dell’affidamento preadottivo… la scelta debba ricadere sulla coppia “maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore”, esigenze cui certamente deve ascriversi quella di mantenere positive relazioni socio-affettive con componenti della famiglia d’origine”, è nota nell’adozione mite o aperta che già è presente nell’ordinamento italiano.
Ma applicata all’adozione legittimante ne vizia le fondamenta.
Bisogna precisare che la Sentenza non esclude l’adozione legittimante, come qualcuno ha ritenuto, ma la limita fortemente e le toglie il primato rispetto alle altre forme di adozione; così facendo però si limita conseguentemente la possibilità per il minore di creare un rapporto esclusivo e riparatore che solo la presenza di due genitori definiti permette.
In questo nuovo contesto gli stessi genitori adottivi troveranno notevoli difficoltà nel rapporto con il proprio figlio, rendendo ancora più complesso l’avvio di un nuovo percorso di amore, di concretezza, di nuove abitudini, di nuova vita.
Non si deve inoltre dimenticare come il mantenimento di rapporti con altri soggetti e le modalità individuate, la stessa sentenza ne indica alcune, non sono altro che un ulteriore fattore destabilizzante per il minore aumentando la confusione e il senso di precarietà insito nell’avvio di ogni una nuova realtà.