Corte Costituzionale: «La segretezza irreversibile del parto è incostituzionale»

cortecostituzionale 200Troppo rigida la legge che regola adozione e affido, la 184 del 1983. Lo dice la Corte Costituzionale, esprimendosi su un caso di una donna nata nel 1963 e adottata all’età di sei anni. La donna ha scoperto di essere una figlia adottata solo al momento della separazione dal marito. Oltre al trauma della scoperta, l’urgenza per la donna di conoscere le proprie origini era legata anche a una patologia seria, per la quale i medici ritenevano utile ricostruire la storia sanitaria della famiglia biologica. A quel punto la signora ha presentato ricorso. E la Consulta si è espressa nel merito.

Con sentenza 278, la Corte Costituzionale ha specificato che rimanendo il diritto della madre all’anonimato nel caso in cui non abbia riconosciuto suo figlio, emerge anche il diritto di quest’ultimo a conoscere le proprie radici, “elemento significativo nel sistema costituzionale di tutela della persona, come pure riconosciuto in varie pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo”. Il relativo bisogno di conoscenza, dunque, “rappresenta uno di quegli aspetti della personalità che possono condizionare l’intimo atteggiamento e la stessa vita di relazione di una persona in quanto tale”.

Il problema, quindi, è quello della “irreversibilità del segreto”, che stando alla sentenza deve essere rimossa perché contrasta gli articoli 2 e 3 della Costituzione (rispettivamente, sui diritti inviolabili dell’uomo e sull’eguaglianza dei cittadini). Oggi è impossibile per la madre “tornare indietro”, avendo rinunciato definitivamente e irreversibilmente alla genitorialità sul piano giuridico. Così la Corte Costituzionale ha dichiarato l’articolo 28, comma 7, della legge 184/1983 incostituzionale, perché non prevede che il giudice possa interpellare con assoluta riservatezza, su richiesta del figlio, la madre che al momento del parto abbia dichiarato di non voler essere nominata, per verificare la eventuale disponibilità  a revocare l’anonimato. Oggi è impossibile per la madre “tornare indietro”, avendo rinunciato definitivamente e irreversibilmente alla genitorialità sul piano giuridico.

Sulla vicenda, chiara la posizione di Amici dei Bambini. Il presidente Marco Griffini  riflette: «Il caso analizzato è l’esempio lampante dei drammi che generano adozioni che non rispettano la normale natura adottiva. I bambini adottati hanno il diritto di sapere la verità. Anche perché dalle oltre 3mila adozioni fatte in trent’anni d’attività, posso dire che le sofferenze arrivano solo quando il figlio adottato non ha superato il dolore di essere stato abbandonato». Griffini però mette in guarda: «La reversibilità dell’anonimato potrebbe indurre le donne a scegliere di abortire, piuttosto che portare avanti una gravidanza indesiderata. Sarebbe un errore doppio: oltre a ignorare il diritto della madre, aggiungerei che viene calpestato anche il diritto alla vita del più debole e indifeso di tutti: il feto».