“Dare valore a ogni singola giornata”. Conosciamo Veronica Mosticone cooperante di Ai.Bi. in Marocco

Faccio la cooperante per il desiderio di sentire che gli sforzi del mio lavoro hanno fatto del bene a qualcuno. Come quando si porta il regalo di un sostenitore al bambino adottato a distanza e si vede negli occhi, più che nelle parole, il suo “grazie”.

Amici dei Bambini, da più di 30 anni, opera nel mondo attraverso progetti di cooperazione internazionale, con l’obiettivo di restituire ai bambini abbandonati o in difficoltà familiare il diritto di avere una famiglia ed un’infanzia serena e lo fa grazie al grande cuore, impegno e professionalità dei suoi cooperanti.
Sono donne e uomini che decidono di lasciare il proprio Paese e trasferirsi a migliaia di km di distanza, con l’unico obiettivo di restituire ad un minore abbandonato, “l’altro mio figlio”, il diritto di essere figlio.
Molte delle notizie, pubblicate da Ai.Bi. e provenienti dai Paesi dove l’associazione opera, provengono direttamente da loro, dal lavoro delle nostre “inviate” e i nostri “inviati” sul campo, perché la cooperazione è fatta sì, di progetti, ma soprattutto di volti e di persone. Siete pronti a conoscerli?

Veronica Mosticone cooperante Ai.Bi. in Marocco

Iniziamo da un piccolo identikit:
Nome: Veronica
Cognome: Mosticone
Età: 29
Provenienza: Mira (VE)

Come sei arrivata a fare la cooperante?
Penso di aver sempre avuto una predisposizione per questo tipo di profilo. Ciò che mi ha spinta a lanciarmi in questa strada, alla fine, è stata la curiosità di vedere con i miei occhi quanto avevo letto in pagine e pagine per scrivere la tesi di laurea. La prima esperienza mi ha dato tanto, ma mi ha anche fatta tornare a casa con delle questioni a cui non ero riuscita a dare una risposta chiara. Dovevo sperimentare di più e capire meglio per confermare o meno a me stessa che quella fosse la strada giusta per me.
Più volte mi sono sentita chiedere perché non rivolgessi il mio aiuto ai bambini in situazioni difficili svolgendo “un vero lavoro”: perché fare la cooperante? Per me la risposta è semplice ed era chiara ancor prima di integrare il mondo del lavoro: devo poter dare valore a ogni singola giornata e, quando esco dall’ufficio, devo poter sentire che i miei sforzi e il mio lavoro hanno fatto del bene a qualcuno: la consapevolezza che, nel mio piccolo, anch’io sto dando un contributo a donare un sorriso e un futuro migliore ai bambini che non hanno la fortuna di aver qualcuno da chiamare “mamma” e “papà” vale tutti gli sforzi.

In che Paesi sei stato prima di arrivare dove ti trovi ora?
I miei 29 anni fanno sì che abbia potuto viaggiare, per lo più in Europa ma anche in Egitto, più da turista e studentessa che da cooperante. La mia esperienza nel settore è iniziata in Marocco, nel 2015, e da allora quello è ancora il mio posto nel mondo.

Cosa consiglieresti di fare a un ragazzo che sogna di lavorare nella cooperazione?
Il settore è molto bello, ma anche altrettanto complesso; gratifica e allo stesso tempo ci mette alla prova. Le tematiche e le sfaccettature sono molte e all’inizio può essere complicato farsi un’idea chiara e precisa. Il consiglio che mi sento di poter dare è di approcciarsi a chi lavora già nel settore, fare domande, essere curiosi e di fare quanta più esperienza possibile, perché quella insegna molto più di quanto possa fare un corso di studi.

Come hai conosciuto Amici dei Bambini?
Ai.Bi. è stato fondamentalmente il mio primo incontro con il mondo della cooperazione internazionale. L’ho conosciuta quando cercavo un’associazione in un Paese del Nord Africa che lavorasse in favore dei diritti dei minori privi di famiglia, per poter svolgere il mio stage di fine master. È così che ho fatto una prima breve esperienza che mi ha dato la voglia e la curiosità di approfondire le mie conoscenze in un campo così vasto come quello della protezione dell’infanzia, in un Paese che mi aveva colpita e di cui avrei voluto conoscere meglio le dinamiche: il Marocco.

Qual è la cosa che più ti piace del tuo lavoro e quella che fai più fatica ad affrontare?
Ci sono moltissimi aspetti che mi piacciono di questo lavoro: mi piace il fatto che non sia un lavoro ripetitivo, le cose da fare sono tante e diversificate. Mi piace poter pensare e fare in modo che una mia idea per apportare un miglioramento ai bambini abbandonati o a rischio possa trasformarsi in un progetto vero, vederlo messo in atto e portare risultati concreti.
Quello che mi crea forse più difficoltà è il fatto che, nonostante sia passato qualche anno dal mio arrivo in Marocco, per alcuni resterò sempre una straniera “venuta a migliorare le cose”. E questo talvolta rende più difficile veicolare alcune idee e messaggi.
Ma c’è un altro aspetto che forse è anche più importante: i bambini. Ricordo ancora la prima volta che mi sono recata presso uno dei centri partner di Ai.Bi. in Marocco per conoscere il personale. Sono stata accompagnata fra corridoi e stanze di un’ala di un ospedale dove si trovano bambini abbandonati alla nascita fino ai 6 anni. Una piccola stanza era riempita di culle da cui spuntavano i piedini e le manine dei neonati. Ricorderò sempre quando una bambina ha afferrato un dito della mia mano e ha fatto un gran sorriso. Poi, a dieci minuti di strada dall’ospedale, l’edificio dove i bambini vengono trasferiti a partire dall’età scolare: lì, ho potuti vedere le loro stanze da letto, le aule dove svolgono le varie attività, la mensa… Insomma, la loro casa, ma soprattutto le conseguenze di un’infanzia trascorsa in un orfanotrofio.
Esperienze come questa sono una doccia fredda, torni a casa pensando “Vorrei adottarli tutti”. È anche questo, però, che ti ricorda il motivi per cui sei lì: sei lì per loro, ed è bellissimo.

Secondo la tua esperienza, quant’è importante l’aiuto dell’Adozione a Distanza per i bambini ospiti dei centri di accoglienza?
In Marocco, la cultura dell’accoglienza è ancora troppo poco diffusa. Inoltre, solo di recente si stanno mettendo assieme gli sforzi comuni fra istituzioni e società civile per prevedere altre forme di protezione familiare alternative all’istituzionalizzazione.
Purtroppo l’adozione non è possibile in Marocco e la sola altra alternativa retta da una legge è la kafala, una sorta di adozione con scadenza ai 18 anni del minore, che non genera filiazione.
Gli orfanotrofi ospitano ancora troppi bambini abbandonati o provenienti da famiglie che versano in situazioni difficili, molti di loro restano nel centro anche dopo il raggiungimento della maggiore età perché non autonomi, o anche per tutta la vita, come i bambini in situazione di handicap.
Inoltre, le associazioni che gestiscono gli orfanotrofi non possiedono abbastanza mezzi per garantire ai numerosi bambini accolti un pieno accesso ai servizi, oltre che la qualità di questi ultimi. Per esempio, i bambini non godono sempre della presenza di uno psicologo che possa accompagnarli nel loro percorso di vita. O, ancora, il personale nei centri resta sempre proporzionalmente inferiore rispetto al numero di bambini ospitati e di cui prendersi cura.
Per questo l’Adozione a Distanza è di fondamentale importanza per dare la possibilità ai bambini che si trovano lontani dalla propria famiglia, o che una famiglia addirittura non ce l’hanno, di godere di una qualità di vita migliore e un’infanzia degna di essere chiamata tale.

Come vivono il loro rapporto con i sostenitori italiani i minori adottati a distanza? C’è un episodio particolare che ti è rimasto impresso e ci vuoi raccontare?
Il contatto con i sostenitori è quanto di più si avvicina a una famiglia: i bambini sanno che in un altro Paese c’è qualcuno che, seppur da lontano, si prende cura di loro, pensa a loro, chiede notizie, fa gli auguri di compleanno… E c’è per dare consigli o incoraggiamenti, per proseguire gli studi e superare i momenti difficili e, magari, qualche volte, riesce pure a venirli a trovare di persona. È bellissimo poter far parte in qualche modo di questi scambi, ricevere le lettere dai sostenitori, tradurle e consegnarle ai bambini e viceversa.
Ricordo una volta di essermi recata presso uno dei centri con cui collaboriamo per consegnare il regalo di compleanno del sostenitore a un bambino. Ero ancora alle prime armi ed ero emozionata quanto lui. Abbiamo aspettato il bambino in una sala adiacente alla mensa e, quando è arrivato, l’operatore gli ha spiegato che eravamo lì perché era il suo compleanno e avevamo un regalo da consegnargli. Lui ci guardava, quasi timoroso di prendere quel pacchetto, come a dire: “Sicuri che posso?”. Non ha quasi parlato. Ha aperto il pacco silenziosamente e, quando ha visto il regalo del sostenitore, ci ha guardati, ha sorriso e ha detto: “Grazie”. Una sola parola che penso per lui valesse tutte le emozioni che stava provando in quel momento! Una persona, dall’Italia, si è ricordata che quel giorno era importante per lui e, anche se non fisicamente, gli ha fatto sapere che c’era e che stava festeggiando con lui.

Chiunque può sostenere i progetti che, anche grazie all’aiuto di Veronica, Ai.Bi. porta avanti in Marocco. Può farlo con una donazione libera oppure, per dare continuità al suo aiuto, può attivare un’Adozione a Distanza per i bambini negli orfanotrofi del Marocco. [btnsx_dual id=”162084″]