Decreto Criminalità Minorile: divieto di cellulare per i minori che commettono reati e sanzioni anche per i genitori

Approvato dal Consiglio dei Ministri il cosiddetto “Decreto Caivano”, che contiene diverse proposte di contrasto alla criminalità minorile, per un generale inasprimento di pene e sanzioni, anche per i genitori

Dopo gli ultimi episodi di cronaca, su tutti le violenze di Caivano e Palermo, il Governo ha deciso di procedere spedito con la messa a punti di un Decreto sulla criminalità giovanile da tanti già ridefinito, non a caso, Decreto Caivano. Tante le misure messe in campo con l’obiettivo di arginare un fenomeno che appare sempre più preoccupante: quello delle baby gang.

Divieto di cellulare per i minori dai 14 ai 17 anni che commettono reati

Sui social, la misura che ha suscitato il più immediato clamore è la proposta di dare al questore la possibilità di convocare, insieme a un genitore, un minore tra i 14 e i 17 anni che ha commesso un reato e vietargli il possesso di un telefono cellulare: “Se il soggetto al quale è stato notificato l’avviso risulta condannato, anche con sentenza non definitiva, per delitti contro la persona, il patrimonio ovvero inerenti ad armi o droga”.
Per quanto sicuramente curioso come provvedimento, soprattutto pensando a quali potrebbero essere le modalità per vigilare sul suo effettivo rispetto, il Decreto approvato dal Consiglio dei Ministri contiene molte altre misure che mirano a dare una risposta al disagio sociale e al problema sicurezza.
La parte più corposa delle proposte si focalizza su un generale inasprimento delle pene, non solo per i minori, ma anche per i loro genitori. Per esempio, c’è la proposta di far perdere la potestà genitoriale nel caso di figli minori condannati per mafia o associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga.
Pena anche per i genitori che non mandano i figli alla scuola dell’obbligo, cui potranno venire assegnati fino a due anni di reclusione al posto dell’attuale sanzione pecuniaria. Secondo Il Sole 24 Ore, la bozza prevede anche la perdita del diritto all’Assegno di inclusione per quei nuclei familiari “per i cui componenti minorenni non sia documenta la regolare frequenza della scuola dell’obbligo”.

Giro di vite sulle pene

Per quanti riguarda direttamente i minorenni, una delle proposte principali è quella di permettere la detenzione preventiva per gli imputati di reati che prevedono una massimo di pena superiore ai 6 anni e non più 9 anni come è al momento. Inoltre, la custodia cautelare diventerebbe sempre possibile in casi di reati come violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale, furti, traffico di stupefacenti.
Come logica conseguenza a questa proposta, cambierebbe anche il limite di pena per l’applicazione di misure alternative alla carcerazione anticipata, che diventerebbe possibile solo per reati che prevedono fino a 4 anni di pena e non più 5. Di contro, verrebbe ampliato fino a 6 mesi il periodo di sospensione del procedimento con relativa messa alla prova, in caso di reati che prevedano una pena massima inferiore ai 5 anni.

Le critiche dell’Autorità Garante

Detto che ancora nessuna di queste misure è stata definitivamente approvata, le sole proposte hanno suscitato diverse polemiche, non solo politiche. Tra gli interventi più critici quello di Carla Garlatti, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, che in una nota ufficiale sottolinea come “Abbassare l’età imputabile non serve. Già oggi il minorenne che ha meno di 14 anni e commette reato può essere convocato davanti a un giudice. Inoltre, ove ne ricorrano le condizioni, può essere destinatario di interventi di sostegno che includano anche la sua famiglia… Tra l’altro, nei Paesi nei quali l’età imputabile è più bassa non mi risulta che le cose vadano meglio”.
Ma la principale sottolineatura dell’Autorità Garante è di carattere più generale: “A proposito di criminalità minorile – scrive Carla Garlatti – non si può avere soltanto un approccio di tipo repressivo: il ragazzo che sbaglia va certamente punito, ma questo non basta. È necessario in primo luogo investire nella prevenzione, rafforzando gli interventi educativi… valorizzando il lavoro di rete tra scuole, autorità giudiziaria e servizi del territorio, creando percorsi di presa in carico che supportino l’intero nucleo familiare”.
Il messaggio pare aver avuto effetto visto che, da quanto si apprende, non è stato rivisto il limite d’età per l’imputabilità. Secondo le prime notizie, assente nel decreto anche il passaggio sulla stretta dell’accesso per i minori ai siti pornografici che avrebbe voluto la ministra Roccella.