Denatalità. Nuovo allarme Istat: da 60 milioni scenderemo a 32

Prosegue il calo demografico e il crollo delle nascite. Il 2021 non supererà la quota dei 400 mila nuovi nati, a sancire un calo di oltre il 30% rispetto a 12 anni fa

L’allarme denatalità non è certo nuovo, in Italia, ma vedere nero su bianco certi numeri fa decisamente un certo effetto, e aiuta a ricordare che la questione non si esaurisce con un paio di giorni in prima pagina, qualche dichiarazione di buoni intenti, e poi… tutto come prima. Servono azioni concrete che aiutino a invertire la rotta, altrimenti, è il monito lanciato dall’Istat, nel giro di qualche decennio l’Italia sarà un Paese da 32 milioni di abitanti. Ovvero, circa la metà di quanti sono ora.

Denatalità: meno di 400 mila nuovi nati nel 2021

A riportare la questione sotto i riflettori è Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, che al Festival della Statistica di Treviso ha snocciolato i numeri: nel 2021, con ogni probabilità, non si supererà la soglia dei 400 mila nati, anche perché bisognerà fare i conti con gli effetti della pandemia che, da un lato, ha innalzato il numero dei morti e aumentato il saldo negativo sulla popolazione, dall’altro ha avuto un impatto psicologico importante sulle scelte riproduttive delle coppie. “A eccezione di febbraio – riporta l’HuffPost – i nati mensili nel 2020 sono sempre sotto quelli del 2019, a conferma del prosieguo della tendenziale riduzione avviata negli ultimi anni”.

D’altra parte, già di dati di gennaio 2021 indicano una media giornaliera di nuovi nati scesa sotto la soglia simbolica delle mille unità: 992. Erano 1.159 nel gennaio del 2020. In totale, nel mese, i nati in Italia risultavano essere 30.767, oltre 5 mila in meno rispetto all’anno precedente, che a sua volta aveva segnato un meno 729 rispetto al 2019. Si tratta di una variazione negativa assoluta del 14,3%.
Per altri numeri relativi all’anno in corso bisognerà aspettare ancora, ma il trend al ribasso è evidente. Il tutto in un quadro che aveva visto già il 2020 abbassare il totale delle nascite a 404 mila, a sancire un crollo del 30% di nascite nell’arco degli ultimi 12 anni. Il tasso di fecondità è sceso a 1,24 figli per donna contro l’1,27 del 2019, quando nel 2008 era ancora all’1,40.

Denatalità: pesa l’invecchiamento della popolazione e la scelta di posticipare la nascita del primo figlio

A questo quadro contribuisce anche il progressivo invecchiamento della popolazione femminile in età feconda e l’aumento dell’età media delle donne che partoriscono, arrivata, secondo l’Istat, a 32,2 anni, segno di come avere figli sia una scelta che viene sempre più posticipata nel tempo.
La situazione è piuttosto generalizzata per tutto il territorio nazionale, con solo 11 province italiane su 107 a segnare un incremento delle nascite, ma la fecondità rimane un po’ più elevata al nord (1,27 figli per donna) rispetto a centro (1,23) e sud (1,17).

“Bisognerebbe prendere in mano la situazione e vedere di riorientarla, di governarla – ha aggiunto Blangiardo, come riportato sempre dall’HuffPost. Il problema non è che la popolazione diminuisca, il problema è come. La demografia si muove lentamente, la politica ha bisogno di risposte e obiettivi subito… Non si è mai affrontato in maniera seria un problema serio, ma si è rimasti in attesa che si risolvesse da solo. Si è pensato che lo risolvesse l’immigrazione, che non è la soluzione ma un contributo. Tutto questo ha fatto sì che ci si trovi di fronte a un problema e a un’accelerazione del fenomeno”.