Elezioni poltiche 2022. Adozione e “made in Italy” dell’accoglienza

Cari partiti; cari leader, ragioniamo, fuori dalle ideologie, di come nel nuovo governo l’adozione internazionale possa essere rappresentativa del sistema Paese, dentro un patto per la natalità

Come Ai.Bi. abbiamo portato per la prima volta il tema delle adozioni come espressione del Made in Italy dell’accoglienza alla Leopolda. Era il 2014. Ma, da lì in avanti, ne abbiamo parlato in tante altre diverse occasioni: con i partiti di destra e di sinistra, con M5s, PD, lega, Forza Italia… Con Governi e con intellettuali, con magistrati e con ambasciatori. Tante volte non abbiamo avuto risposte, alcune altre abbiamo trovato interlocutori interessati. Per esempio, l’Ambasciatore Attanasio in Repubblica Democratica del Congo era entusiasta di questo approccio…
Di fatto, però, ancora oggi, delle adozioni come espressione del tanto spesso evocato “Sistema – Paese” cerchiamo un padre politico. Un padre convinto. Un governo, dunque, che – anche aldilà dei programmi elettorali (dove, lo abbiamo visto, dell’adozione si parla poco: in correlazione con il tema della gratuità, delle adozioni omogenitoriali, della maternità surrogata – per la destra; in relazione al sostegno alle madri per quanto riguarda il terzo polo), ponga al centro il diritto dei bambini e delle bambine di essere figli, guardando alle adozioni come componente strategica per il nostro Paese, dal punto di vista demografico e dunque economico; ma facendo riferimento anche a quello spirito di fratellanza cui ci richiama Papa Francesco, spesso citato in tante occasioni da più parti.

Gli ostacoli alla cultura dell’accoglienza

Nel 2021 sono stati adottati 680 bambini, mentre sono 563 le coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minorenni stranieri a scopo adottivo (fonte rapporto statistico CAI). Siamo ben lontani dalle oltre 4000 adozioni del 2010.
In un decennio il mondo è cambiato, si sono alzati i muri della diffidenza, c’è stato il combinato disposto di tante crisi: culturale, economica, sociale, sanitaria. Le distonie, i disagi e il malessere hanno assunto proporzioni globali. Tutto vero. Ma le adozioni in sé potrebbero essere una grande opportunità di apertura alla vita e all’altro. E se questo non accade è perché la cultura della vita stessa viene messa in discussione e viene ostacolata, come anche la cultura dell’accoglienza, facendo della burocrazia non uno strumento di garanzia al servizio dei cittadini, ma il grimaldello per disincentivare. Hai già un figlio? Accontentati.
Partiamo dall’assunto per cui se i bambini hanno diritto di essere figli l’adozione va resa gratuita. Anche perché, come mi dice spesso l’amico Giuseppe Magno già Direttore Generale del Dipartimento di Giustizia Minorile: “Se adotti un bambino stai adottando un paese”.
Su questo abbiamo lavorato e lavoriamo duramente dalla finanziaria del 2008. Rosy Bindi, allora Ministra per la famiglia aveva aperto un varco importante, stanziando un bonus come primo segnale verso la gratuità.

Adozione: porre al centro la persona

Il 2023 chiediamo sia l’anno in cui il Governo e il Parlamento avviino un dialogo con il Terzo Settore qualificato, Associazioni Familiari, comunità e Enti Autorizzati, OSC, volto a rendere l’adozione sempre meno una procedura burocratica e sempre più una esperienza ricca di vita. Questo significa porre al centro la persona – Il bambino al centro, la famiglia al centro, i professionisti al centro, l’autorità al centro. Tutti insieme, persone fisiche e persone giuridiche, cooperino come comunità adottiva per il diritto del bambino di essere figlio, prioritariamente di una mamma e di un papà.
In tale processo gioca un ruolo centrale la digitalizzazione della pubblica amministrazione e degli Enti Autorizzati. Sgravare l’adozione dalla burocratizzazione significa restituire alla burocrazia la dimensione di servizio e di tutela della persona e del cittadino. Attraverso la digitalizzazione i touch point del servizio diventano semplici, veloci, efficaci ed efficienti a beneficio dell’intera comunità adottiva che pone il bambino al centro. Se durante il Covid con un QR code siamo riusciti a tracciare la storia del cittadino, dovremmo riuscire nel caso dell’adozione ad ottenere un QR code in cui caricare per ogni esperienza adottiva tutta la storia – sarebbe essenziale il coinvolgimento dell’Inps, per la definizione di una cartella sociale generativa, finalizzata alla produzione e all’accesso ai documenti necessari per le adozioni, alle info, etc. Da parte delle famiglie, attraverso il cassetto fiscale, si potrebbe definire anche un accesso unico per fornire e/o ricevere tutti i documenti necessari (da parte della CAI, da parte dei TM, da parte dei servizi, da parte degli EA).
Un altro spunto di ragionamento importante sarebbe quello di valutare il passaggio dalla idoneità rilasciata dal Tribunale per i Minorenni, a una idoneità civica, in cui sia la rappresentanza cittadina a poter celebrare e festeggiare e accompagnare una coppia che vuole adottare. Sarebbe un bell’esempio di civismo organizzato, pubblico e privato sociale, tribunali assistenti sociali e associazioni, in collaborazione, magari all’interno delle Case della Comunità tanto osannate quando il mainstream era il PNRR.
Oggi, prima che le urne emettano la loro sentenza e, soprattutto, al di là di qualsiasi sentenza verrà emessa, l’auspicio è che questi e altri elementi possano essere i termini di confronto, non ideologici in cui persone di buon senso possano lavorare, con leggi e riforme di buon senso, evitando che il tema adozione divenga come la sirena servita al pranzo del Generale Cork del romanzo La Pelle di Curzio Malaparte: una bambina morta tutta adornata su vassoio d’argento, pronta per essere sbranata e seppellita dalle lacrime del disagio borghese.

Marzia Masiello
Responsabile rapporti con le Istituzioni di Ai.Bi.