Elezioni Politiche 2022. Chi tutela i minori nella pancia della mamma?

Davanti a comportamenti pericolosi per il nascituro da parte della madre in gravidanza, ci si sente impotenti su come tutelare la vita di chi deve venire al mondo. Una strada possibile potrebbe essere “l’adozione in pancia”, che coinvolge fin dalla gestazione i genitori naturali e la famiglia che potrà adottare il loro figlio appena nato

Chi ha abitualmente a che fare con famiglie in difficoltà, minori in affido, assistenti sociali… spesso si trova davanti a situazioni nei confronti delle quali è molto complicato agire. Da una parte per la delicatezza di ciò con cui si ha a che fare, dall’altra, a volte, anche per mancanza di regole chiare, specie riguardanti qualche caso “limite”. Per esempio, è successo di proteggere e tutelare un minore dai problemi relativi alla sua famiglia, scoprendo che la mamma di questo bambino è incinta di 6 mesi di una sorellina. La mamma non mangia regolarmente e ha iniziato a bere alcolici. Nonostante il Tribunale dei Minori sia al corrente della gravidanza, fino alla nascita non c’è modo di tutelare la vita della piccola.
Chiaramente si tratta di una situazione molto particolare, ma non così rara come si possa pensare, e di fronte alla quale ci si sente impotenti.

Come tutelare la vita di chi ancora deve nascere?

In linea generale, entrambi i genitori rappresentano, oltre che i figli nati, anche i figli nascituri. D’altra parte, anche se normalmente la donna ha una posizione al contempo onerata e privilegiata rispetto ad alcune scelte legate alla gravidanza (per esempio può decidere di partorire in anonimato e non riconoscere il figlio, che potrà in quel caso essere adottato con procedimento snello e senza alcun obbligo di comunicazione al padre), con sentenza n.8459/2020 la Corte di Cassazione ha affermato che, benché non esista alcuna norma giuridica che imponga alla madre di comunicare al padre dell’avvenuto concepimento, l’omessa comunicazione può essere fonte di responsabilità civile in base all’art.2043 cc per avere danneggiato il potenziale padre impedendogli di affermare la propria identità genitoriale.
Stando a questa sentenza, non sarebbe peregrino giungere a considerare che, nel caso in cui una gestante avesse comportamenti pregiudizievoli nei confronti del nascituro (per esempio il bere alcolici oppure il non nutrirsi adeguatamente e comunque attentare volontariamente o meno la vita del nascituro e danneggiarlo), potrebbe essere opportuno che, perlomeno chi attende di diventare padre, possa adoperarsi per tutelare la vita attesa in un momento precedente alla nascita.
Sicuramente esistono strutture in grado di supportare la madre nello svolgimento dei compiti che, per qualunque motivo, inclusa l’eventuale presenza di altri figli e di situazioni di particolare disagio, risultino di difficile gestione. In questo senso una segnalazione ai Servizi sociali del territorio per attivare gli opportuni supporti è sempre percorribile.
In tutti i casi appare certamente paradossale notare come nell’ordinamento italiano sia previsto che il Giudice Tutelare – su richiesta di uno o entrambi i genitori – autorizzi alcuni atti di straordinaria amministrazione anche per i nascituri nel caso in cui ciò risponda al loro interesse – sia cioè necessario o utile per i nascituri – cfr. elenco nell’art. 320 codice civile – ma che tuttavia si tratta di casi in cui, per effettivo o possibile conflitto di interessi tra i genitori e il figlio nato o atteso, vi sia il rischio di un pregiudizio legato a situazioni e interessi patrimoniali. Nessun rimedio risulta invece previsto per evitare danni al nascituro di altra natura e inerenti la stessa vita, salvo poi – sempre che ve ne siano i presupposti – attivare da parte degli interessati i rimedi per eventuali danni già prodotti.

L’adozione in pancia: una possibilità concreta

È evidente che un intervento normativo in nome del principio per cui “Lo Stato…tutela la vita umana dal suo inizio” (cfr. articolo 1 comma 1 della Legge 194/1978) sarebbe opportuno.
In questa direzione è doveroso volgere lo sguardo alle diverse soluzioni che in altri Paesi sono offerte ai genitori nella fase della gestazione, sia per le decisioni relative all’assunzione o meno delle proprie responsabilità genitoriali, sia con riferimento alle possibilità di decidere di tutelare in altro modo la vita e il futuro del nascituro. Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, esiste la possibilità di scegliere di dare in adozione il proprio figlio atteso a coppie idonee in attesa di adozione: si tratta della cosiddetta “adozione in pancia”, che si svolge con procedure in cui la famiglia “gestante”, assistita da Enti autorizzati, può scegliere la famiglia adottante e sottoscrivere un accordo in vista dell’adozione prevedendo che la famiglia in attesa provveda al mantenimento del nascituro e dei costi durante la gestazione (qualcuno ricorderà il bellissimo film Juno, incentrato proprio su una vicenda di questo tipo).
Si tratta di procedure che, sebbene finora lontane dal nostro ordinamento, non devono destare sospetto di abusi perché le adozioni sono pronunciate, formalmente, dopo la nascita e devono essere approvate dal tribunale; inoltre le famiglie sono assistite da avvocati ed esperti e la famiglia di origine ha sempre la possibilità di cambiare idea al momento della nascita. Includere i genitori di origine in questi percorsi può rappresentare un’occasione di grande civiltà per il coinvolgimento della famiglia biologica del “feto” in difficili scelte e in vista della prevenzione di aborto e abbandono.