Ennesima tragedia del mare. 130 migranti dispersi nel Mediterraneo. Ai.Bi. rinnova l’appello dei corridoi umanitari

Marco Griffini (Presidente Amici dei Bambini ): “Da anni stiamo sostenendo la necessità di estendere, in maniera regolare, la pratica dei corridoi umanitari, in modo particolare per l’accoglienza protetta e sicura dei minori stranieri non accompagnati”.

Pochi giorni fa si è consumata l’ennesima tragedia del Mediterraneo.

La traversata del mare della speranza si è trasformata per 130 migranti  in una tomba di disperazione e morte.

Li immaginiamo spaventati ed infreddoliti mentre stretti a bordo di un gommone in balia del mare in burrasca  e delle sue onde pregano che qualcuno giunga presto a salvarli.

Ma non c’è stato nulla da fare. La loro attesa è stata vana.

Secondo quanto ricostruito da Alarm Phone, contatto di emergenza in supporto alle operazioni di salvataggio e riportato da Vita, l’imbarcazione con a bordo i migranti sembrerebbe essere partita da Al-Khums, sulle coste libiche alle 22.00, del 20 aprile.

A bordo del gommone in balia del mare anche 7 donne di cui una incinta.

La mattina del 21 aprile, Alarm Phone veniva allertato della presenza di una barca in difficoltà nelle acque a largo della Libia, da un pescatore locale. Immediatamente il contatto di emergenza segnalava l’imbarcazione alle autorità competenti, informando la Mrcc Italia, la Rcc Malta, la Guardia costiera libica, l’Unhcr come pure i soccorritori della Ong.

Non è stato un incidente sottolinea Alarm Phone: “Potevano essere salvati ma tutte le autorità consapevolmente li hanno lasciati morire in mare”.

Questa ennesima terribile tragedia che poteva essere evitata riaccende nuovamente il dibattito sull’importanza della realizzazione dei corridoi umanitari, una priorità che Amici dei Bambini invoca da tempo, perché consentono ai rifugiati di entrare nel nostro Paese in maniera protetta, a bordo di regolari voli di linea, garantendo ai minori soli non accompagnati (Misna) una migliore integrazione grazie ad un sistema di accoglienza diffusafamiglie tutor e affidatarie, percorsi di accompagnamento con psicologi, mediatori culturali e figure specializzate di supporto.

 Ma non basta

Secondo Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. “Bisogna individuare già lì, nei territori in cui si trovano i campi profughi, i minori che possono essere accolti e che giungerebbero in Italia in modo sicuro, senza rischiare la vita in mare, per poi essere affidati a famiglie preparate, senza lasciarli per mesi e mesi in prima accoglienza. Le famiglie disponibili ci sono. Già nel 2013, all’indomani del tragico naufragio di Lampedusa, Ai.Bi. aveva lanciato un appello all’accoglienza all’invito di Papa Francesco, ricevendo la disponibilità di oltre 2.200 famiglie.”