Famiglia: le non-risposte del ministro Riccardi

Il ministro Andrea Riccardi è stato sottoposto il 17 maggio, nel corso di un question time al Senato, ad un vero fuoco di fila di numerosi parlamentari di diversi schieramenti (Giovanardi, Baio, Divina, Pedica, Ghedini…) che sostanzialmente gli chiedevano che fine avesse fatto il Piano nazionale per la famiglia ed in particolare perché mai fosse venuto meno ogni riferimento agli interventi fiscali a favore della famiglia.

E chiedevano anche le ragioni dell’intervento del ministro Fornero (Sala della Lupa, 15 maggio) a favore della sostanziale equiparazione delle unioni di fatto alle famiglie.

Il ministro Riccardi ha giustamente rivendicato alcuni passi che anche noi riconosciamo molto positivi, come ad esempio i fondi europei recuperati per alcune Regioni del Sud, i primi finanziamenti per nuovi servizi alla prima infanzia e per i servizi domiciliari per gli anziani (insufficienti, ma almeno ci sono…). Ma alle domande più stringenti, purtroppo, non sono arrivate grandi risposte:

il Piano è pronto ma non si sa quando vedrà la luce e nel frattempo nessuno dispone di un testo ufficiale, al di fuori dei palazzi della politica, e su tale testo sicuramente non è stata coinvolta la società civile.

– Il FattoreFamiglia, proposta fatta propria dalla Conferenza del 2010 sulla famiglia e dall’Osservatorio nazionale, sarebbe stato cancellato per un non possumus economico che non tiene conto della possibilità di graduarne l’applicazione, fino al limite di accettarne il principio, posticipandone l’entrata in vigore. Peraltro le stesse argomentazioni le avevamo sentite dai governi precedenti: la famiglia è importante, il fisco è ingiusto, ma “non ci sono soldi”: da Padoa Schioppa a Tremonti, fino ad oggi.

– Per quanto riguarda l’equiparazione delle unioni civili, tema sollevato pochi giorni fa dal ministro Fornero, importante esponente del governo Monti, il ministro Riccardi anche nelle risposte al Senato ha preferito non smentire affermazioni di altri ministri, specie se potenti, e si è invece si è limitato a riaffermare un generico favor familiae, condiviso nel governo. Un’occasione persa per rimettere al centro l’art. 29 della Costituzione.

Di fronte a queste risposte/non-risposte, anche le associazioni familiari si uniscono al coro dei politici per chiedere chiarezza. E lo chiede la gente comune che sta affollando il blog aperto dal Forum per chiedere meno chiacchiere e più scelte di responsabilità. E di priorità. Non è necessario scrivere un libro dei sogni, ma rileggere il welfare, le politiche del lavoro ed il fisco in chiave familiare, al limite anche a costo zero. Del resto anche l’art. 36 della Costituzione afferma che il salario deve essere adeguato alle persone della famiglia a carico, e l’art. 53 ricorda che le tasse si devono pagare secondo la capacità contributiva, vale a dire tenendo conto di quante persone vivono con un certo reddito.

Insomma, la Costituzione aveva in mente una società in cui la famiglia aveva un posto speciale, al punto che l’art. 31 prescrive il sostegno alle famiglie, soprattutto a quelle in formazione o numerose.

A quando un governo che attuerà finalmente questi articoli della Costituzione? E quando i partiti che compongono la coalizione di governo introdurranno nelle discussioni tra loro e con il governo il tema del sostegno alla famiglia?

(Da Forum Associazioni Familiari, 18 maggio 2012)