Guatemala: “A.A.A. affittasi utero a famiglia seria”

utero in affitto200A.A.A. Affittasi utero a famiglia seria. Non è uno scherzo, purtroppo. È un esempio di annuncio che si potrebbe facilmente leggere sul Dataguate, un portale di commercio online molto diffuso in America Latina e in particolare in Guatemala. Su Dataguate si commercia di tutto, nel vero senso della parola: anche uteri. In un Paese dove un cittadino su 5 non riesce a sfamarsi, sono tante le giovani donne disposte a offrire in affitto il proprio ventre a coppie single, sterili o comunque senza figli.

Tra loro c’è, che si presenta come “una donna sana e di buona famiglia”. C’è Clarita che si fa pubblicità con lo slogan “scegliete il mio utero”. C’è la famiglia Pajos che cerca “un ventre per ospitare” il loro bambino. E c’è Mar, 24 anni, che mette a disposizione il suo utero per ottenere un rimborso spese e una remunerazione per proseguire gli studi e mantenere i suoi 2 figli. “Di certo – afferma la giovane – vorrei prima di tutto conoscere i genitori. E chiederei subito la metà dell’importo pattuito”. La prima esperienza di madre surrogata per Mar è finita con un nulla di fatto, ma lei non dubita che si presenterà presto un’altra opportunità.

La maggior parte degli aspiranti genitori è statunitense: sono molte le agenzie Usa che organizzano viaggi-gravidanza con uscita dal Paese con bebè in braccio garantita. Recentemente, però, anche gli europei hanno iniziato a rivolgersi al mercato degli uteri in Guatemala. La popolazione locale, invece, è troppo povera per potersi permettere i 100mila euro a cui possono arrivare i costi della clinica e la “retribuzione” della madre surrogata, alla quale vanno solo che le briciole.

Tutto ciò avviene però in barba alla legge. L’articolo 47 della normativa guatemalteca contro la violenza sessuale, lo sfruttamento e la tratta di persone equipara l’adozione irregolare al traffico di esseri umani. “Quando una persona, in questo caso la madre biologica – dice Ana Lucia Pelaez Vicente, dell’Unità per la prevenzione della tratta –, dà il proprio figlio a un’altra senza adempiere gli obblighi previsti dalla legge sulle adozioni, viene incriminata per tratta”. Il compenso economico per la gestante viola la norma sulle adozioni che all’articolo 53 afferma: “Chi, per ottenere un’adozione, attribuisca o prometta a una persona o a un terzo un beneficio economico di qualunque altra natura, sarà sanzionato con la prigione da 3 a 5 anni e una multa da 20 a 100mila quetzales”, ovvero 2-10mila euro. Ma queste, evidentemente, sono solo parole. Fino a oggi, nessuna coppia “affittuaria” è mai stata sanzionata.

Il problema è che il servizio sanitario non registra le nascite avvenute con maternità surrogata. Anche se negli ospedali pubblici la fecondazione in vitro non viene effettuata, questa è però una prassi diffusa nelle cliniche private. Ne consegue che non ci sono dati sui bambini partoriti “su commissione”. Per molti anni, il Guatemala è stato uno dei principali supermarket di neonati per l’Occidente: bastava convincere le autorità a chiudere un occhio sulle pratiche di adozione. Nel 2008 il governo ha imposto lo stop e in effetti i traffici sono diminuiti, ma non ancora cessati. L’ultimo dato diffuso parla di 2.418 bambini scomparsi nel solo 2013, molti dei quali, probabilmente, si trovano all’estero.

 

Fonte: Avvenire