I bambini del Congo

congo_bambini200In merito alla vicenda delle famiglie bloccate in Repubblica Democratica del Congo, si riporta di seguito un interessante editoriale di Antonella Mariani, pubblicato su Avvenire sabato 28 dicembre.

 

Ci voleva anche la drammatica vicenda delle 24 coppie italiane bloccate in Congo con i loro 32 bambini (già figli nei documenti e ancora più nel cuore) per allargare il cono d’ombra che già offusca l’adozione internazionale.

Accogliere un figlio nato altrove è operazione estenuante, costosa, troppo spesso infruttuosa. Lo si sa da anni. Ora si dimostra che anche a un passo dal traguardo, il risultato resta incerto.

Le radici del “caso” congolese affondano nell’annoso problema della trasparenza: due adozioni – una in Canada e una negli Stati Uniti – nei mesi scorsi hanno avuto esiti non graditi alle autorità di Kinshasa, che hanno reagito perentoriamente chiudendo gli iter adottivi con tutti i Paesi ed esigendo il rispetto della propria legislazione che, ad esempio, non consente l’adozione alle coppie omosessuali.

A novembre era stata concessa una “finestra” per qualche decina di coppie, tra cui quelle italiane che da allora sono ferme nel Paese africano per problemi burocratici. Un tira e molla che presumibilmente si concluderà a breve, anche grazie agli interventi politici del governo italiano. Nelle cronache di questi giorni si parla di leggi, di visti di ingresso in scadenza. Assai meno di quei 32 bambini che stanno ancora lottando per il loro sogno: avere un padre e una madre.

Per ridare speranza non solo a loro, ma ai milioni di piccoli che trascorrono la loro infanzia negli orfanotrofi di tutto il mondo, occorre che l’adozione internazionale si liberi da ogni rapporto di forza, non solo economica ma anche politica, tra Paesi ricchi che accolgono e Paesi poveri che “donano” i loro figli. Occorre che la trasparenza delle procedure sia garantita; in questo senso, seppur dolorosi per i riflessi sulle aspettative delle famiglie, sono benvenuti gli stop alle adozioni paralleli alle profonde riforme avviate da Paesi come Vietnam, Nepal e Cambogia.

Ma bisogna fare presto, senza perdere nemmeno un giorno, perché se è vero che le regole poste dai singoli Stati vanno rispettate e che i traffici loschi vanno combattuti con decisione, è altrettanto vero che in gioco c’è il diritto e il bisogno di ogni bambino ad avere una famiglia. E, questo sì, non può attendere.