“I miti delle adozioni internazionali”: perché le coppie hanno paura di adottare uno ‘special need’?

neapl ssd 1 200Bambini con ‘bisogni speciali’ o soltanto bambini? L’espressione ‘special needs’ da qualche anno è entrata con sempre più frequenza nell’adozione internazionale. Ed è spesso la paura delle paure per gli aspiranti genitori adottivi.

Di questo e molto altro se ne parla in un incontro organizzato dall’associazione di genitori adottivi, “Le radici e le ali”, martedì 26 novembre alle 21, nell’oratorio San Luigi di Paderno Dugnano (via Toti, 2).

Cristina Legnani, responsabile adozioni  Cina di Ai.Bi., fornirà chiarimenti di natura tecnica. Ma soprattutto distribuirà emozioni ai partecipanti, forte delle decine e decine di adozioni ‘special needs’ che le capita di seguire.

Basti un dato. Nella maggior parte dei Paesi non si fa nessuna distinzione tra i bimbi adottabili. In alcuni Stati, come la Cina e la Bulgaria, esistono invece due distinti elenchi: quello dei bimbi normali ( ammesso che sia corretta la categoria di ‘normalità’) e quelli ‘special needs’. Con un’ampia panoramica delle varie patologie: dalla labiopalatoschisi fino alla paralisi celebrale, passando da menomazioni e malformazioni di arti, spina bifida, ipoacusia, ipovisione, strabismo.

La questione vera non è tanto conoscere a volo d’uccello le infinite patologie con cui un neonato può venire al mondo, che in fondo sono uguali in tutti i continenti. Quanto scandagliare se stessi, i propri pregiudizi, i propri limiti, le proprie disponibilità ad accogliere e amare un bambino così com’è. Abbandonando il mito del ‘figlio perfetto’.

Come avviene ogniqualvolta una coppia decide di mettere al mondo un figlio. Non si sa mai a priori come sarà il proprio figlio. Ma lo si chiama alla vita con amore e per amore. Eppure le ‘imperfezioni’ di un figlio adottato fanno più paura. Almeno all’inizio. Spiega la dottoressa Legnani: «Spesso le famiglie sono talmente spaventate che aspettano più la patologia che il proprio figlio. Quando poi il bimbo arriva, con il suo sorriso, la sua bellezza, il suo bisogno di amore, la patologia diventa ‘una foto sul frigorifero’, come mi disse una volta una mamma». In che senso? «Nel senso che passa in secondo piano come’è giusto che sia rispetto al bambino e alla persona».

Per compiere questo percorso, dal figlio sognato e idealizzato al figlio reale, occorre essere informati, perché più una patologia è nota, meglio ne si affronta l’impatto. La Legnani aggiunge: «Ma alle coppie ripeto spesso: -La ragione non basta, occorre  abbinarla sempre al cuore».