Interrogazione parlamentare, Colombia: perche’ l’Italia non sostiene la sussidiarietà delle adozioni internazionali?

Riportiamo oggi l’interrogazione parlamentare presentata il 30/5/2011 dall’On. Aldo Di Biagio del gruppo Futuro e Libertà. 
All’On. Di Biagio va il nostro ringraziamento per l’impegno profuso a favore dei bambini abbandonati della Colombia.

Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri.

– Per sapere – premesso che:

perché la Colombia non rientra tra le priorità geografiche della cooperazione italiana nonostante sia uno dei principali Paesi di origine dei minori adottati dalle famiglie italiane e sia il primo Paese di accoglienza dei minori colombiani;  e perché, più in generale, sia così carente in Italia la destinazione di fondi specifici per la realizzazione di progetti di sussidiarietà per prevenire l’abbandono e garantire il diritto alla famiglia nei Paesi di origine dei minori adottati da coppie residenti in Italia.(4-12111)

l’adozione internazionale è regolata in Italia dalla legge n. 183 del 1984 modificata dalla legge n. 476 del 1998 di «ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a l’Aja, il 29 maggio 1993»;

tra gli scopi principali della Convenzione quello di stabilire delle garanzie affinché le adozioni internazionali si svolgano nel superiore interesse del minore e nel rispetto dei diritti fondamentali che gli sono riconosciuti dal diritto internazionale, quello di instaurare un sistema di cooperazione fra gli Stati contraenti, nonché quello di prevenire la sottrazione e la vendita di minori;

per la realizzazione di tali obiettivi, una delle maggiori garanzie poste dalla Convenzione a tutela dei minori è il cosiddetto principio di sussidiarietà, in virtù del quale l’adozione internazionale deve essere vista esclusivamente come estremo rimedio per l’accoglienza dei bambini privi di cure genitoriali. Essa va quindi di regola applicata solo soltanto laddove non esista nessun’altra possibilità per il minore senza famiglia di essere accolto nel proprio Paese;

con la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1993 l’impegno degli Stati appare chiaro: «ogni Stato dovrebbe adottare, con criterio di priorità, misure appropriate per consentire la permanenza del minore nella famiglia d’origine», e ancora «l’adozione internazionale può offrire l’opportunità di dare una famiglia permanente a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nel loro Stato di origine»;

i Paesi che realizzano adozioni internazionali sono quindi tenuti a implementare progetti di cooperazione che consentano, da un lato, la prevenzione dell’abbandono minorile e, dall’altro, il suo superamento attraverso azioni che consentano il rafforzamento dei legami familiari e il rientro in famiglia oppure, in difetto, l’accoglienza dei minori in un ambiente familiare nel Paese di origine, attraverso l’affidamento o l’adozione nazionale;

l’obbligo di garantire il rispetto del principio di sussidiarietà non è posto solo a carico dei Paesi di origine dei minori, ma anche di quelli cosiddetti «riceventi», come chiarito nel rapporto della Commissione speciale sul funzionamento e la pratica della Convenzione dell’Aja del 1993, redatto il 28 novembre-1o dicembre 2000 dall’ufficio permanente della Conferenza dell’Aja sul diritto internazionale privato;

il rapporto citato, anche con riferimento alla necessità di evitare che dall’adozione derivi ingiusto lucro per determinati soggetti, giunge alla seguente raccomandazione: «i Paesi riceventi sono chiamati a supportare le azioni svolte nei Paesi di origine per sviluppare i servizi nazionali di protezione dei minori, inclusi programmi per la prevenzione dell’abbandono»;

nella stessa Convenzione di New York del 1989 gli Stati parte nel preambolo hanno riconosciuto «l’importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita dei fanciulli di tutti i paesi, in particolare nei paesi in via di sviluppo»;

già nella delibera del 26 novembre 1998 n. 180 del comitato direzionale presso il Ministero degli affari esteri, contenente le «Linee-guida della cooperazione italiana sulla tematica minorile», era indicata espressamente, tra le strategie d’intervento, quella di «combattere il fenomeno della tratta e del mercato dei minori con attività di prevenzione anche in coordinamento con programmi di sostegno a distanza e dove necessario, con le cautele del caso, di adozione internazionale»;

dall’ultimo rapporto pubblicato dalla Commissione per le adozioni internazionali realizzate nel 2010, l’Italia risulta essere da alcuni anni il primo  Paese per numero di minori adottati dalla Colombia; la Colombia è il secondo Paese di provenienza dei minori adottati nel 2010 da coppie residenti in Italia, con 592 minori corrispondenti al 14,33 per cento del totale;

tali dati confermano la centralità della Colombia per le adozioni realizzate dall’Italia, considerato che è stata a lungo il terzo Paese di provenienza con 444 minori nel 2009 (ovvero l’11,20 per cento del totale), 434 minori nel 2008 (il 10,9 per cento del totale) e con 1.529 minori nell’intero arco di tempo dal 2000 al 2006 (il 9,2 per cento del totale); nell’anno 2007 la Colombia si è collocata invece al secondo posto dopo la Federazione Russa con 380 minori adottati (11,1 per cento del totale);

stando a queste cifre, per rispettare il principio di sussidiarietà in Colombia il Governo italiano avrebbe dovuto realizzare progetti per prevenire gli abbandoni minorili nel Paese, per sostenere con specifici programmi le famiglie di origine, per promuovere l’affidamento familiare e l’adozione a livello nazionale. Senza questi interventi, infatti, è evidente che l’adozione internazionale rimane l’unica alternativa;

malgrado ciò, la Colombia non figura tra le aree identificate dal Ministero degli affari esteri come prioritarie per la cooperazione italiana e l’Italia non investe alcuna risorsa in azioni e progetti di cooperazione in questa materia. Peraltro, già dopo gli anni ’90 l’impegno italiano in Colombia è diminuito in maniera considerevole;

stando alle informazioni evidenziate, l’Italia non avrebbe intrapreso alcuna azione né strategia di cooperazione al fine di garantire il diritto alla famiglia in un Paese che da sempre è collocato ai primi posti per provenienza di minori in adozione internazionale;

stando alla mole di adozioni – circa 3.379 i minori colombiani adottati dal 2000 al 2010 da coppie italiane – sulla base del principio di sussidiarietà l’Italia avrebbe dovuto dapprima garantire ogni forma di sostegno ai minori nel loro Paese, prima di considerare l’adozione internazionale come unica soluzione applicabile -: