L’appello di Caritas: non dimenticate Haiti

HAITI-QUAKE-VICTIMS“I buoni amici non sono amici per un giorno, ma per sempre ». Il giovane vescovo Pier re Dumas, 48 anni, conclude con questo antico proverbio haitiano la conferenza stampa convocata nella sede romana della Comunità di Sant’Egidio

Il senso del richiamo è chiaro. I media e la comunità internazionale devono continuare a tenere la «lampada accesa» sul la terribile tragedia che ha colpito il pic colo Paese caraibico.

Non devono dimenticare Haiti, ma devono impegnarsi per aiutarla a risorgere senza perdere tempo. Coinvolgendo la società civile lo cale – Chiesa compresa – e senza perdersi in diatribe interne, su chi deve avere la leadership.

Monsignor Dumas ha ri badito gli effetti devastanti che ha colpito il suo Paese. Le cifre non sono nuove ma riascoltarle fa sempre impressione: 200mila morti già seppelliti e 200mila scomparsi; 195mila feriti; un milione di senza tetto; un milione e mezzo di migranti forzati; tre milioni di persone colpite in qualche modo dal sisma. “Haiti – ricorda Dumas – era la Repubblica di Port-au-Prince. Ma oggi il 75% della capitale è distrutta, e quindi il Paese è collassato”. Il vescovo, che è presidente del la Caritas haitiana e dal 2008 guida la neonata diocesi di Anse-a-Veau et Mi ragoane, spiega che anche i sopravvissuti sono traumatizzati per le oltre cento scosse che si sono succedute a quel la distruttiva del 12 gennaio.

Il popolo – scandisce il vescovo – non ha bisogno di «parole», di «recriminazioni», di «futili discussioni», come quelle sulla «stregoneria», ma si aspetta invece una «mano amica», «compassione», «bontà di cuore». E aiutare, sottolinea, non vuol dire fare tutto al posto degli haitiani, ma occorre invece coinvolgere quel che rimane della società civile e anche la Chiesa cattolica. La carità, chiede Dumas, deve essere «intelligente, efficace, rapida e coerente». «Non si può – aggiunge – militarizzare l’aiuto umanitario». Dumas riconosce quanto fatto dagli Stati Uniti, ma, aggiunge, possono fare «molto di più». E definisce «indegno» alimentare le polemiche su come organizzare gli aiuti.

Dumas ribadisce che non si possono fare «adozioni senza documenti». «È vero che il governo è diventato molto debole – precisa – ma si può contattare il ministero sociale. Nessuno può approfittare di questo popolo per fare traffici, sarebbe una grande pazzia. Bisogna rispettare la dignità di questi bambini. È importante sostenere anche le famiglie ad Haiti se i bambini hanno ancora dei fa miliari o parenti invece di portarli fuori».

(fonte: Avvenire)