L’ adozione “mite” esiste realmente?

L’obiettivo ti tale tipo di adozione è quello di creare un rapporto stabile tra il minore e la famiglia alla quale viene affidato senza, tuttavia, far venir meno il rapporto con la famiglia in cui è nato

Se ne sente parlare già da un po’: accanto alle “classiche” forme previste dal legislatore per disciplinare l’istituto dell’adozione (adozione legittimante e adozione in casi speciali) una nuova tipologia creata, questa volta, dalla prassi giurisprudenziale, sta prendendo piede anche in Italia, è la cosiddetta “adozione mite”, che vuole preservare il diritto del bambino a mantenere intatto il legame con la sua famiglia biologica. Scopriamo insieme di cosa si tratta.

 Adozione: cosa prevede il legislatore italiano:

 Nel nostro ordinamento l’adozione c.d. “tipica” è l’adozione legittimanteche comporta la totale rescissione dei legami tra l’adottato e la famiglia biologica e il venire in essere di una nuova realtà che a pieno titolo può definirsi famiglia, in cui il figlio adottato non ha alcuna differenziazione (o non deve avere alcuna differenziazione) da qualsiasi altro figlio biologico sia a livello affettivo che amministrativo e giuridico.

Quasi tutti gli articoli della legge 184 /83 si riferiscono a questo tipo di adozione.

L’adozione in casi speciali

Il nostro ordinamento però prevede anche un’altra adozione, intesa quale eccezione, la c.d. “adozione in casi speciali” o “adozione ex art. 44”, infatti è proprio l’art. 44 della L. 184/83 a prevedere questa figura di tutela del minore.

L’adozione in casi particolari comporta la non interruzione dei rapporti con la famiglia di origine, famiglia con la quale il minore mantiene un rapporto significativo e che, in casi particolari, previsti dalla legge, può anche essere revocata.

Con l’adozione in casi particolari il minore si vede riconosciuto un legame con i genitori adottivi senza annullare, però, il rapporto con la propria famiglia di origine. 

  L’adozione in casi particolari è prevista:

– quando il minore è orfano di entrambi i genitori e l’adottante è un suo parente entro il sesto grado o una persona a lui legata da un rapporto stabile e duraturo preesistente alla morte dei genitori;

– quando l’adottante è il coniuge del genitore anche adottivo del minore;

– quando il minore, orfano di padre e madre, è riconosciuto affetto da “minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva che è causa di difficoltà di apprendimento di relazione od integrazione lavorativa, tale da determinare una condizione di svantaggio sociale o di emarginazione” (art. 3 c 1 L. 104/1992);

– quando il minore è in impossibilità di affidamento preadottivo.

Tale tipo di adozione, che non recide il vincolo di parentela con la famiglia biologica, comporta che al cognome del minore adottato si aggiunge quello della famiglia adottiva, famiglia che, acquisisce il diritto di esercitare la potestà genitoriale così come ha il diritto/dovere di istruire, educare e mantenere il minore. 

Il rapporto adottivo che si viene ad instaurare riguarda solo l’adottante e l’adottato e non si estende alle rispettive famiglie.

Conseguentemente, quindi, l’adottato acquista i diritti ereditari esclusivamente nei confronti dell’adottante (non accade l’inverso) e partecipa alla divisione ereditaria dei beni di quest’ultimo al pari di ogni altro figlio. Gli adottanti, invece, non acquistano alcun diritto ereditario su eventuali beni dell’adottato.

L’adozione mite

 Non prevista legislativamente, ma creata dalla prassi giurisprudenziale, avviata dal Tribunale per i Minorenni di Bari è la c.d. “adozione mite”, una forma di adozione pensata per risolvere determinate situazioni di incertezza che possono crearsi quando la famiglia biologica non risulta idonea a rispondere ai bisogni educativi del minore.

Anche nei casi di adozione mite non si interrompe il rapporto di filiazione con la famiglia d’origine, anzi, a tale rapporto se ne aggiunge un altro che è, appunto, quello con i c.d. adottanti, soggetti a cui spetta, anche in questo caso, la potestà genitoriale.

L’obiettivo ti tale tipo di adozione è quello di creare un rapporto stabile tra il minore e la famiglia alla quale viene affidato senza, tuttavia, far venir meno il rapporto con la famiglia in cui è nato.

L’istituto dell’adozione mite, non disciplinato dal nostro ordinamento, deriva da un’interpretazione estensiva dell’art. 44, lett. d), della L. n. 184/1983 rubricata “diritto del minore ad una famiglia”.

Vi è una sostanziale differenza tra i due tipi di adozione:

nell’adozione in casi speciali la famiglia di origine può anche mancare, mentre l’adozione mite interviene proprio quando è presente la famiglia d’origine e la sua presenza è uno dei presupposti necessari perché si possa avviare tale tipo di adozione.

L’invito della CEDU

Negli ultimi tempi la CEDU si è espressa invitando gli Stati membri e in particolare l’Italia a “creare” forme di adozione che potessero soddisfare certe situazioni di abbandono complesse, nell’esclusivo interesse del minore, senza intaccare o eliminare il rapporto con la famiglia d’origine relegando l’adozione legittimante al ruolo di extrema ratio: “l’adozione legittimante è l’estrema ratio a cui si deve pervenire quando non si ravvisa alcun interesse per il minore di conservare una relazione con i genitori biologici, attesa la condizione di abbandono materiale e morale nella quale si troverebbe a vivere” così pronunciava la Suprema Corte già nel 2020 in accoglimento delle indicazioni del diritto comunitario.

La CEDU stessa ha sottolineato in recenti decisioni il principio del primato della maternità biologica, ritenendo necessario che gli Stati adottino tutte le misure concrete per permettere al minore di vivere con i genitori biologici o, nel caso in cui ciò non fosse possibile, di preservare il legame tra genitori biologici e minore anche nei casi in cui vi siano condizioni di parziale compromissione dell’idoneità genitoriale in ossequio all’art. 8 CEDU.

La recente sentenza della Suprema Corte

Una recentissima decisione italiana ha inserito espressamente l’adozione mite nell’alveo dei tipi di adozione, seppur, lo si ripete, non prevista legislativamente: “in applicazione degli artt. 8 CEDU, 30 Cost., 1 1. n. 184/1983 e 315 bis, comma 2, c.c., nonché delle sentenze in materia della Corte EDU, il giudice chiamato a decidere sullo stato di abbandono del minore, e quindi sulla dichiarazione di adottabilità, deve accertare la sussistenza dell’interesse del medesimo a conservare il legame con i suoi genitori biologici, pur se deficitari nelle loro capacità genitoriali, costituendo l’adozione legittimante una extrema ratio cui può pervenirsi nel solo caso in cui non si ravvisi tale interesse. Il modello di adozione in casi particolari, e segnatamente la previsione di cui all’art. 44, lett d), l. n. 184/1983, può, nei singoli casi concreti e previo compimento delle opportune indagini istruttorie, costituire un idoneo strumento giuridico per il ricorso alla cd. “adozione mite”, al fine di non recidere del tutto, nell’accertato interesse del minore, il rapporto tra quest’ultimo e la famiglia di origine». (Cass. 1476/2021)

Ufficio Diritti Ai.Bi. – Amici dei Bambini