L’inferno della Libia

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Continuano a chiamarli “viaggi della speranza”, le imbarcazioni seguitano a definirle “carrette del mare”, i traghettatori sono dei veri e propri “trafficanti di carne umana” e si è sempre lì a discutere su quei disperati, a fare retorica su come risolvere i problemi legati a un fenomeno, assolutamente non nuovo, che sembra però non volersi arrestare mai. Gli ultimi arrivi sono quelli di questa notte, quando una motovedetta della Guardia di Finanza, dopo aver soccorso a poche miglia dalla Libia un gommone in difficoltà, ha trasferito a Lampedusa un gruppo di 89 tra Somali ed Eritrei, di cui 20 donne e 2 bambini.

I migranti hanno affrontato un viaggio lunghissimo durato 2 giorni, nonostante la maggior parte fossero rimasti feriti per un incendio causato da una bombola. Stando ai loro racconti, prima della loro partenza c’è stata una forte esplosione che li ha coinvolti gravemente ma i trafficanti non hanno avuto, anche il quel caso, nessuno scrupolo a metterli a bordo. Una giovane donna, però, non ha resistito abbastanza ed è morta durante il viaggio.

I militari coinvolti nelle operazioni di recupero hanno avuto serie difficoltà a portarli a bordo della motovedetta perché in 17 riportavano ustioni di vario grado su tutto il corpo. Le stesse difficoltà le hanno incontrate i sanitari per scenderli a terra e i casi più gravi sono stati subito trasferiti in elicottero al centro ustioni di Palermo. Lampedusa non ha un ospedale, ma un piccolo poliambulatorio e non può affrontare situazioni del genere. Nonostante la stanchezza per tutti, di una settimana senza sosta né in mare né in terra, ognuno è ritornato al proprio compito, svolto con sacrificio e dedizione, perché l’allerta è sempre alta.
Proprio mercoledì 15 aprile, la Camera ha approvato la proposta di legge che dovrebbe istituire il 3 ottobre, dopo l’esame del Senato, la Giornata della Memoria delle vittime dell’immigrazione, per non dimenticare quanti hanno perso la vita in questi tragici “viaggi della speranza”. Questa decisione è stata definita un segno di civiltà per l’Italia ma che per molti rimarrà solo una triste giornata, celebrata come tutte le altre, ancora di più se si continua a dare questo tipo di risposte, emergenziali appunto, limitate solo a soccorrere le “carrette del mare” e accoglierne i disperati. Risposte che però non devono arrivare solo da uno Stato, ma da un’intera comunità internazionale. Se, inoltre, non si farà nulla per fermare questi “trafficanti di carne umana” che proprio il 3 ottobre 2013, vicino a quest’isola, portarono alla morte 366 tra uomini, donne e bambini, ogni anno se ne ricorderanno altri nonostante, di molti, non si sapranno i nomi. E intanto le vittime aumentano.

Maria Veronica Policardi

Operatrice Ai.Bi. a Lampedusa

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