Marcus, 9 anni: «… e una sera ci disse, “Adesso vi racconto la storia della mia vita!”»

TORINO – «Era pieno di rabbia nei confronti della vita. Era scontroso, si comportava male, voleva sempre giocare alla lotta e si teneva a distanza dall’elemento materno. Arrivati a casa si è trasformato».

Un bambino speciale, unico, «spettacolare», dice sua madre Lucia al telefono, ferma al margine della strada di un paesino del torinese. La nostra chiamata la trova in automobile insieme a Marcus, lo chiameremo con questo nome, il figlio che l’ha conquistata, sciogliendole anima e cuore in un pianto rinnovatore. Acqua dagli occhi: il battesimo dell’accoglienza, per un nuovo figlio dell’abbandono.

«È qui con lo sportello aperto, che ascolta Michael Jackson a manetta»,  ride di gusto Lucia. Una maniera di attirare l’attenzione materna? «All’inizio, quando era con noi in Brasile, pieno di rabbia contro il mondo, non c’era giorno che non facesse i capricci. La sua è la storia di un bambino ripetutamente abbandonato e forse aveva buone ragioni per essere così. Ha quasi 9 anni e sicuramente è cresciuto prima di altri bambini. Qui a casa si è trasformato. Ogni mattina si sveglia e mi chiede di guardare la neve. Ora la gente, quando ci vede insieme a lui, non fa che notare la sua grande dolcezza».

Lucia e Salvatore, coppia di 46enni partiti per il Brasile e tornati a casa il 3 dicembre, con un giuramento: famiglia per sempre. Niente rose e fiori, all’inizio. Marcus – che i lettori hanno conosciuto attraverso una lettera, pubblicata le settimane scorse sul sito di Ai.Bi. – per una reazione che risale dal suo passato, non voleva saperne della madre, dandosi completamente all’adorazione del papà. Tutto normale, dicevano gli psicologi; ma la cosa è di non poco conto per una mamma. «Diciamo che lui non ne voleva sapere – commenta Lucia -. Il cambiamento è avvenuto una sera che siamo tornati dal mare. Eravamo in Brasile, ci siamo allontanati per qualche tempo e la sera, tornati da Marcus, lo abbiamo trovato come al solito stizzoso. Poi si è creata un’occasione per stare insieme. Marcus ha iniziato ad aprirsi: “Adesso vi racconto la storia della mia vita”, ha detto. Ha tirato fuori il suo passato, i suoi abbandoni. Io, da questo suo racconto, sono scoppiata a piangere. Sono scappata nell’altra stanza in lacrime. E il fatto che io piangessi lo ha colpito. Mi ha abbracciata, piangeva con me, non mi mollava più. Finalmente si faceva accarezzare la testa».

Salvatore, il papà, lo troviamo nel bel mezzo dell’autostrada. Guida e parla in vivavoce, la comunicazione viene e va, è un turbine di emozione. «Sono felice», è la sua dichiarazione. «Come bimbo, spesso mi stupisce. Nonostante la sua età, 9 anni appena, dimostra una maturità mostruosa su certi argomenti di vita quotidiana. Poi capita di giocare assieme e lui mostra di ricordare tante cose imparate da me. Di certo dovrà tirare fuori ancora molto del suo vissuto, ma troverà sfogo in qualcosa, sono fiducioso. Oggi posso dire che sono contento di essere il papà di Marcus. Abbiamo incontrato tanti ostacoli: una lunga attesa, poi le resistenze e la rabbia di Marcus che si trasformava in aggressività: abbiamo imparato a mettere il bambino al centro, a far diventare il nostro desiderio di essere genitori un desiderio di dare una famiglia a nostro figlio. Bisogna avere il coraggio di abbattere gli ostacoli: mai stare da soli, e mai abbassare la guardia dell’amore. Sì, il nostro motto era: famiglia per sempre. E Marcus lo ripete tutti i giorni», conclude Salvatore, ormai commosso, cacciando indietro, eroicamente, le prime lacrime di padre della sua vita.