Maurizio Chiodi, l’adozione prenatale: intrusione nella coscienza della donna o orizzonte di speranza?

Il tema dell’adozione in rapporto all’aborto si giova anche del contributo della teologia morale. La mattina del 27 agosto ha visto esposta anche la relazione del professor Maurizio Chiodi, sacerdote e docente di teologia morale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, sulla provocatoria proposta dell’adozione prenatale come opzione che vada oltre l’aborto.

Professor Chiodi, qual è il senso di questa proposta in tempi come i nostri, nei quali le opzioni diverse dall’aborto sono stigmatizzate come intrusioni nella coscienza della donna?
Credo sia un argomento complesso e delicato. Va trattato senza falsi ideologismi e senza ingenuità. L’aspetto interessante dell’adozione prenatale è da trovare nella domanda radicale di accogliere un figlio. Una provocazione: alla donna che non riesce a riconoscere come proprio figlio il bambino che porta in grembo si può dare l’opportunità di donarlo in adozione. Il senso non è nella scelta contro la coscienza o contro la privacy, quanto in una scelta che vada oltre l’opzione dell’aborto. Aprire un orizzonte di speranza, quello che fa sì che il bambino possa essere ancora accolto come figlio.

Un percorso non privo di sfide.
Che sono a mio avviso tre. La strumentalizzazione del figlio, ovvero la tentazione di vedere nel nascituro da adottare soltanto un bambino piccolissimo messo a disposizione del desiderio di figli di una coppia; la strumentalizzazione della madre, che rischia di essere usata come una sorta di contenitore del bambino senza che se ne conosca il dramma che la spinge a valutare l’opzione di abortire; infine l’annullamento del ruolo del padre, ridotto a una semplice comparsa che non c’entra nulla e non si assume alcuna responsabilità. Quando invece potrebbe essere lui stesso a ad accogliere il bimbo.

E l’Italia, a suo giudizio, è pronta a recepire una proposta di tale levatura culturale e spirituale?
Il grande limite italiano è che il figlio è visto come oggetto di desiderio. Ma credo sia possibile far leva sul senso buono di questo desiderio. Non chiederei di enfatizzare questa proposta in un giudizio o in uno scontro con chi non è di questa idea, sarebbe il fallimento dell’obiettivo dell’adozione prenatale. Concentriamoci sulla bellezza e sulla singolarità dell’essere figlio. Vede, nell’accoglienza è in gioco il destino di tutti noi. Prima ancora di essere padri e madri, noi siamo figli. E nell’adozione prenatale c’è l’opportunità di dare a un bambino la possibilità di rendere un grazie: il grazie di essere figlio. Questo è il senso della proposta.