Milano: perché dar la caccia alla mamma che ha donato suo figlio?

bambino_mani_neonato_bimbo 200Avrebbe potuto abortire. Non l’ha fatto. Avrebbe potuto disfarsene subito dopo la nascita. Non l’ha fatto. Avrebbe potuto abbandonare suo figlio in un luogo sperduto, in un cassonetto o chissà dove. Non l’ha fatto. Giacomo è venuto al mondo, partorito  da una mamma che alla sua maternità ha risposto appieno, declinando la parola ‘Amore’ come ‘chiamata alla vita’. Solo che il suo ‘pieno’ si è fermato a sette giorni dopo il parto.

La donna che ha portato in grembo questo bambino, ha lottato e sofferto per dargli un’occasione di vita. Di più non poteva fare o non se l’è sentita di fare. Così a pochi giorni dal parto, la donna ha lasciato il bimbo biancovestito, bene avvolto in una federa candida, ai piedi dell’altare. Non di una chiesa qualsiasi di Milano. Scrupolosamente ha scelto la minuscola cappella dell’ospedale San Giuseppe. Evidentemente voleva esser sicura che qualcuno avrebbe ritrovato il bimbo subito.

Il resto è cronaca. Don Mauro Galli, parroco della chiesetta durante il periodo estivo, ha ritrovato il neonato intorno alle 23 di venerdì 25 luglio. L’ultima volta che era passato dalla cappella era stato alle 21. Ma non si era accorto di nulla. Nessun lamento, nessun vagito. Prima della compieta, la preghiera della sera, il cappellano si è seduto nella chiesetta e il vagito del bimbo ha attratto la sua attenzione. Senza perder tempo, don Mauro ha allertato il personale medico e poi la polizia.

Da venerdì gli inquirenti indagano con sistemi che dovrebbero essere riservati a criminali e assassini. Non a una mamma. Nei confronti della donna che ha messo al mondo Giacomo- questo il nome scelto dal parroco- è partita la caccia, tra analisi dei video registrati dalle telecamere di sorveglianza dell’ospedale, i registri degli ospedali di Milano e dintorni, segnalazioni, e chi più ne ha, ne metta. Ma perché tanto accanimento? 

Il gesto di questa donna presumibilmente straniera non è un abbandono, ma un dono d’amore. A suo figlio ha donato la vita e con essa la possibilità di vivere con una mamma e un papà in grado di accoglierlo. Ma Giacomo è anche il dono che questa donna ha fatto a un’altra che nemmeno conosce per permetterle di diventare mamma. L’amore di una mamma che rinuncia alla propria maternità per dare una possibilità di vita migliore al suo bambino non è meno forte di quello di una madre  che sceglie di crescere il proprio bambino anche in condizioni estreme. L’abbandono è una scelta d’Amore. Doloroso, assoluto.

Marco Griffini, presidente di Amici dei Bambini, ha provato a immaginare nel libro “…Ma Dio tace” (Ancora edizioni), il dialogo  tra una mamma che abbandona il figlio e il suo bambino. Anche questa volta, c’è da giurarci, la mamma di Giacomo ha cullato per l’ultima volta il suo bambino dagli occhi a mandorla e i capelli neri con queste parole (pag. 86):

«… Ti lascio: da sola non riesco a salvarti, a far di te un figlio, ad amarti e ad essere amata da te. Sacrifico il mio amore di mamma per salvarti: rinuncio a te. Ti lascio e spero che tu ti possa salvare: io non sarò più con te, ma ti amerò per sempre. Donerò questo amore di mamma a chi ti accoglierà: sarà lo stesso amore, ancora il mio amore per te. Perché tu possa rinascere, in questo amore, a una nuova vita… Ti lascio per farti rinascere. Ti lascio per farti risorgere. Ti lascio per darti la libertà di amore. Ti lascio perché tu possa essere un figlio… un vero figlio!»