Padri adottivi, l’inserimento sociale dei figli dipende soprattutto da voi

papà“Son tutte belle le mamme del mondo”, “Viva la mamma”, “Guarda mamma come mi diverto”. La canzone popolare, come specchio della società, lascia intuire come i figli mantengano un rapporto solitamente più stretto con le madri che con i padri. Ma la minore intimità con i padri consente a questi ultimi di occupare una posizione cruciale che gli deriva dall’avere, nella relazione con i figli, una giusta distanza.  A questa conclusione è giunta la ricerca presentata nel corso del seminario tenutosi il 20 marzo all’Università Cattolica di Milano e centrato sul cambiamento delle identità paterne a livello italiano ed europeo.

La relazione padre–figlio avrebbe caratteristiche di minore comunicazione e supporto rispetto a quella materna. Ma al contempo sarebbe soggetta a maggiori variazioni, a seconda dell’età del figlio e alla tipologia di famiglia, mentre quella materna avrebbe caratteri di maggiore uniformità. In particolare l’influenza del padre sull’adattamento sociale dei figli adolescenti nel momento del passaggio all’età adulta sarebbe più forte e significativa. La percezione del sostegno paterno influenzerebbe quindi una rappresentazione positiva del sé nei giovani adulti.

Un’altra ricerca, presentata dal Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia, fa un rapporto sulla paternità nella particolare situazione dell’adozione internazionale. In questo contesto, la mediazione dei padri verso la società ha un’importanza ancora maggiore, in particolare per i figli adolescenti e le figlie femmine. Nel caso di queste ultime, la figura paterna ha il delicato compito di avviarle a una vita sociale e pubblica relativamente libera per il genere femminile: un aspetto che caratterizza la società italiana ed europea, ma è ancora lontana dal realizzarsi nelle culture di provenienza di molte di queste figlie adottive.

Un ulteriore ricerca, proveniente dalla Svezia, mette in luce invece le differenze tra Italia e nord Europa per quanto riguarda la gestione del tema “paternità”. I padri scandinavi ricevono supporto, relativamente al loro rapporto con i figli, anche dai loro colleghi di lavoro. Questa condivisione tra uomini da noi è ancora piuttosto carente perché i padri italiani non sono ancora arrivati a considerare la loro paternità un argomento di cui parlare, se non raramente, con altri uomini, senza paura di una perdita di virilità.

“Gli uomini devono essere coinvolti – scrive Barbara Mapelli, docente di Pedagogia delle differenze di genere –, con le loro trasformazioni, desideri,  timori, resistenze e aperture: uomini e donne vivono conflitti e vittorie personali e sociali nella condivisione di gioie e compiti della genitorialità, ma devono affrontare percorsi differenti. Non affrontare quindi i problemi legati alla genitorialità solo dal punto di vista delle madri affinché i padri possano crescere nei loro desideri, responsabilità e compiti mentre crescono i loro figli.

Fonte: La 27esima Ora