Per i piccoli bloccati in Congo non c’è abbraccio sotto l’albero

rdcCirca 130 famiglie che hanno adottato nella Repubblica Democratica del Congo non hanno potuto trascorrere il Natale con i loro figli. Il 2015 sarà l’anno buono che vedrà finalmente questi piccoli poter abbracciare i loro nuovi genitori? Ne parla Gianluca Bosia in questo articolo, che riportiamo integralmente, pubblicato sull’edizione online del quotidiano “Il Giorno”, domenica 28 dicembre.

 

Natale non ha portato il regalo tanto atteso ma il 2015 potrebbe essere l’anno della svolta per le 130 famiglie, o almeno per parte di loro, che attendono di avere a casa i bambini regolarmente adottati nella Repubblica democratica del Congo e costretti a rimanere in Africa dal blocco deciso dal presidente Kabila. «Ho sognato di vederla arrivare sul grande aereo di Stato, come i 31 bambini portati a casa lo scorso maggio dal ministro Boschi ma purtroppo è solo un sogno…», la voce è triste ma la forza di Antonia, nome di fantasia perché nessuno dei genitori Rdc – come si chiamano loro – vuole comparire in pubblico, è sovraumana. «Prima o poi ci riuscirò. La porterò a casa la mia piccola. Non può continuare così. Non deve finire così. È mia figlia anche per la legge congolese».

Per Antonia e per gli altri genitori – ma anche per gli esperti – la speranza è legata al lavoro continuo della diplomazia italiana e internazionale e ai possibili mutamenti nella politica interna congolese. Il blocco delle adozioni non sembra più essere, se mai lo è stato, legato alle elezioni presidenziali e al discusso censimento che prolungherebbe di fatto il mandato dell’attuale capo di Stato. A Kinshasa vogliono dotarsi di nuove e più severe regole per l’adozione internazionale e le norme sono state introdotte nel prossimo Codice di Famiglia. Il sospetto dei congolesi è che in alcuni casi vi sia chi ha lucrato sullle adozioni se non un vero mercato dei piccoli soprattutto verso Paesi extraeuropei.

Con il nuovo codice da una parte sarà più difficile adottare in Rdc ma nello stesso tempo non dovrebbero più venirsi a creare simili situazioni di stallo dove a pagare sono soprattutto i bambini. Se questa è la buona novella la cattiva è che il parlamento congolese non ha approvato in questa sessione la nuova legge e che per avere il via libera bisognerà attendere febbraio quando i deputati si riuniranno nuovamente. E dopo il sì comunque si dovrà aspettare l’attuazione della nuova normativa. I tempi quindi si preannunciano lunghi a meno che il Congo non decida – cosa al momento improbabile – di istituire una sorta di periodo transitorio dove rivedere il blocco delle adozioni internazionali deciso nel settembre 2013 e poi prorogato a tempo indeterminato.

Per la diplomazia internazionale è difficile fare pressioni. Prova ne sia che le famiglie italiane sono più o meno nelle stesse condizioni di quelle statunitensi o francesi, Paesi che in Congo contano ben più di noi. In attesa dei tempi africani, che sono sempre sorprendenti per l’Occidente papà e mamma adottivi italiani chiedono al governo Renzi di avere informazioni complete e puntuali. A novembre Enti per l’adozione e famiglie hanno incontrato Silvia della Monica, presidente della Commissione per le adozioni internazionali, esprimendo alla fine quasi tutti fiducia nell’operato del governo e della Cai. Una fiducia che a leggere tweet in questi giorni però non è più così totale e granitica. E il cinguettio di una madre disperata al presidente Renzi è l’amara testimonianza: «Mio figlio è ancora in Congo. Ci avete dimenticati. Buona Natale a voi…»