“Perché la vita è un puzzle sbagliato e a me manca sempre un pezzo?”

puzzleSembra sia completo. L’immagine della pagoda è perfetta: sono giorni che ci lavora avvicinando le tessere di cartone colorato, rigirandosele fra le mani, confrontando colori e forme, e poi incastrandole fino a farle combaciare. E’ un puzzle impegnativo per un bambino della sua età. Eppure An-tuong (il nome è di fantasia) continua a chiedere: Qual è il pezzo che mi manca?

Nessuno, lo rassicurano. Lui non si lascia convincere. Guarda ancora una volta il lavoro a cui ha dedicato tanta pazienza, e, in un secondo, lo disfa. A me manca un pezzo! Lo dice come se fosse una constatazione, un dato di fatto. Poi ricomincia ostinatamente il suo rompicapo. Riprende da zero a costruire il disegno, sperando che, alla fine, un giorno, tutto torni.

Ha otto anni An-tuong e quando è arrivato all’istituto dei bambini di Xi’an ne aveva poco più di tre. Aveva un tumore benigno ad un’orbita e un lieve idrocefalo. Era piccolo, solo al mondo e già destinato alla sala chirurgica. I medici hanno inciso l’occhio sinistro restituendogli la vista e uno sguardo acuto e concentrato, che rivolge tutti i giorni al suo “gioco preferito”, il puzzle. L’idrocefalo è ben compensato, i due neurochirurghi gli hanno risparmiato una seconda operazione: non ci sono conseguenze neurologiche, lo sviluppo psicomotorio è regolare. An-tuon corre, parla, scrive, legge, fa costruzioni come tutti i bambini della sua età.

Solo che a lui “manca un pezzo”.

Non l’occhio che ha perfettamente recuperato. Non l’equilibrio o il sorriso. Neppure il necessario per vivere. Essendo cresciuto da solo, sa fare tutto. Si lava, si pettina, si veste, mangia senza bisogno d’aiuto (adora le mele e le arance). Di notte non ha paura del buio, spegne la luce senza un capriccio. Di giorno, studia, fa i compiti e, appena può, torna al suo puzzle. Silenzioso, concentrato, come se dipendesse da quel gioco la soluzione, l’anello mancante, il miracolo che rimetterà tutto a posto.

Solo per due mesi ha smesso di giocare. Quando una famiglia cinese lo ha accolto in affido e lui ha sperato di poter vivere insieme a loro per sempre. Ma qualcosa non deve aver funzionato, il sogno è rimasto di nuovo incompiuto. An-tuong è stato riportato indietro. Non ha fatto tragedie, non ha pianto, non ha gridato. Tanto sapeva che non poteva funzionare, perché a lui manca qualcosa.

Quando una vita è spezzata, mai che uno ritrovi tutti i frammenti per ricomporli. I pezzi non combaciano, o si perdono, o finiscono dove non sai come recuperarli. Tanto più se hai solo otto anni e sei stato abbandonato due volte.

Così ha ricominciato a giocare. Ogni giorno.

E’ strano dover scrivere un appello per An-tuong, un bambino a cui non manca nulla, eppure un bambino che nessuno ha voluto come figlio. Possibile che abbia ragione lui? Pomeriggio dopo pomeriggio, rinnova il rito di un disegno che a tutti sembra completo e perfetto, ma per lui non lo è. Perciò distrugge il puzzle appena finito, perché dentro non c’è l’unica risposta che sta cercando: una famiglia.

Possibile che la sua storia semplice non riesca a toccare il cuore di una mamma e un papà capaci di vedere nei suoi occhi il proprio figlio?

Chi vuole essere il pezzo mancante di An-tuong? Chi vuole entrare nella sua vita per completarla per sempre?

 

Se siete interessati a diventare i genitori del piccolo An-tuong, scrivete a cristina.legnani@aibi.it