Persiste il silenzio del Governo sulla ratifica della Convenzione de L’Aja 1996

AjaAd un mese di distanza dal richiamo che la Commissione Europea ha fatto ai Paesi europei “storici” rispetto alla pronta ratifica della Convenzione de L’Aja del 1996 sulle misure di protezione dell’infanzia, il Governo italiano non vi ha ancora provveduto né ha fornito risposte ufficiali sullo stato di avanzamento dei lavori e sulle ragioni della mancata ratifica.

La Vice Presidente della Commissione per le adozioni internazionali, Dott. Daniela Bacchetta, ha dichiarato al settimanale VITA che esistono dei “nodi” sulla forma della ratifica e che il vero ostacolo alla ratifica stessa sarebbe da ricondurre all’istituto della kafala di diritto islamico, il cui riconoscimento “aprirebbe” problemi con la normativa sull’immigrazione. Queste dichiarazioni non forniscono alcun chiarimento sui motivi del ritardo e sono comunque contrarie all’autorevole posizione della Corte di Cassazione che, in alcune importanti sentenze del 2003, e poi del 2008, ha affermato come l’interesse di ogni minore debba essere posto al vertice di ogni considerazione, dichiarandone espressamente la preminenza rispetto alle norme sulla difesa del territorio e sul contenimento dell’immigrazione.

Secondo le dichiarazioni rilasciate allo stesso settimanale VITA dal Prof. Paolo Branca, il Comitato italiano per l’Islam (di cui Branca è membro) – organo consultivo del Ministero dell’Interno – ha raccomandato l’emanazione di norme che disciplinino la kafala da includere preferibilmente nella legge di ratifica della Convenzione. Questa ratifica è importante per garantire ai minori una protezione che vada al di sopra dei confini territoriali e proprio la kafala è l’unico strumento che consente di proteggere i minori senza famiglia dei vicini Paesi nordafricani, come il Marocco.

E mentre in questi giorni assistiamo all’ennesima delle consuete “bagarres” politiche interne al Paese, non possiamo non rimanere basiti nel costatare che anche i diritti dell’infanzia soggiacciono al crudele destino di passare in secondo piano. E’ il caso di ricordare che l’Italia è il Paese in cui dal 2007 avrebbe dovuto esistere una banca dati sui minori adottabili che ancora non esiste. Ed è sempre l’Italia il Paese in cui il numero dei minori affidati alle comunità educative è superiore ai 16 mila…minori che spesso vivono l’intera infanzia e adolescenza fuori famiglia grazie alla diffusa pratica del rinnovo sine die dei decreti di affidamento! Ed è ancora l’Italia il Paese che, a differenza di quanto previsto dalla Convenzione de L’Aja del 1993 sulle adozioni internazionali e dagli articoli 40 e ss. della legge 184/1983 e ss., non ha ancora permesso ai minori adottabili che non trovano famiglia in Italia di poter essere adottati all’estero (adozione c.d. “in uscita”).

Certo è buffo che sia proprio questa Italia a pretendere che gli altri Paesi rispettino gli accordi e le raccomandazioni internazionali, così come è avvenuto con il Nepal che di recente è stato al centro di una campagna per la “chiusura”, o comunque una limitazione, delle adozioni a causa di pretese irregolarità procedurali.
Non resta che attendere con pazienza il momento in cui ai minori – tutti i minori senza distinzione alcuna – verrà prestata la dovuta attenzione.