Rapporti genitori-figli. Se “amore” diventa una parole vuota di significato

L’abuso della parola “amore”, anche per chiamare i propri figli, rischia di far perdere il valore della parola stessa e disorientare i figli nei loro rapporti con i genitori

“Amore”. Già ai tempi del Dolce Stil Novo la parole era in cima alla hit parade delle più usate, ma se all’epoca l’abuso poteva essere anche giustificato, almeno visto dalla distanza di chi può godere della bellezza dei tanti testi scritti, oggi il suo utilizzo pare aver perso tutta la poesia ed è finito per diventare una sorta di richiamo usato in ogni circostanza.

Amore: una parola che andrebbe utilizzata con più parsimonia

“Amore”, dicono i genitori per chiamare i figli, quasi dimenticandosi del nome su cui per tutti i mesi della gravidanza hanno discusso, fatto sondaggi, dibattuto…
“Amore” si gridano tra loro i ragazzi anche solo per passarsi un compito a scuola o condividere un video di qualche tipo.
“Amore”, utilizzano i padroni di cani, gatti e altri animali domestici, forse per sentire più vicina e “umanizzata” la presenza della loro compagnia.
Insomma, “amore” sta finendo per diventare una parola abusata e ripetuta in automatico, e come capita per tutto quello che si dice senza penarci, il rischio è di svuotare la parola stessa del suo significato. Estremizzando, se tutto è “amore”… nulla davvero lo è.

In particolare, riflette Paolo Sarti in un articolo del Corriere Fiorentino, l’abuso della parola “amore” per chiamare i propri figli indica anche un senso di insicurezza da parte dei genitori: se anche un rimprovero inizia così, con quella parole che, nella più accreditata delle ipotesi etimologiche deriva dal sanscrito kama, ovvero “desiderio”, “passione”, va da sé che la “sgridata” ne uscirà edulcorata, finendo per far percepire al figlio un’evidente contraddizione tra ciò che viene detto e il modo in cui lo si fa.

Il rapporto genitori / figli e le proposte Faris sul tema

L’invito, dunque, è quello di recuperare il valore del nome, un richiamo che non per caso è stato fatto recentemente anche da Papa Francesco, che ha invitato a riscoprire l’importanza del nome di battesimo. Un nome che, sa per quanto espresso dal Papa richiama la comunione con i santi, sul versante più laico è il “biglietto da visita” con il quale ci si presenta in società ed è anche ciò che ci distingue in famiglia, ciò che ci rende “unici”, attuando “l’indispensabile processo di differenziazione figli / genitori”.

Anche quello del nome, quindi, può essere un aspetto importante del ruolo genitoriale, un ruolo non facile e che, in alcuni casi, può richiedere dei momenti di riflessione, confronto e chiarimento. È per questo che Faris – Family Relationship International School ha attivato una serie di proposte raccolte nell’area “genitori e figli” del sito internet. Una proposta articolata in corsi di formazione, di aggiornamento e consulenze specifiche che vengono affrontate con il “metodo Faris” e che toccano ogni problema relazionale che possa interessare questo delicati e decisivo ambito delle relazioni familiari.
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