250 mila euro di danni. Questa la richiesta di un figlio al padre che lo abbandonò 30 anni fa

Un figlio ormai trentenne, all’ennesimo rifiuto da parte del padre, che non ha mai voluto far parte della sua vita, di potersi vedere e conoscere, ha deciso di chiedere un risarcimento per i danni patrimoniali e morali provocati dall’abbandono

Si può quantificare economicamente un abbandono? La domanda potrebbe sembrare una provocazione, ma, in realtà, la richiesta è arrivata davvero, da parte di un figlio, ormai trentenne, nei confronti di un padre che non ha mai voluto far parte in alcun modo della sua vita.
La vicenda è raccontata dall’edizione torinese di Repubblica, che riporta di una causa in corso, seguita dall’avvocato Gino Domenico Arnone, nella quale un figlio ha chiesto al padre, che non lo ha mai riconosciuto, un risarcimento sia per i danni patrimoniali sia per i danni morali provocati in così tanti anni di assenza. La cifra richiesta è di 250 mila euro, calcolata dall’avvocato sulla base delle possibilità economiche dell’uomo oggi in pensione ma che – per utilizzare le parole di Repubblica – “è sempre stato benestante” e titolare di uno stipendio “all’epoca di circa 1700 euro”. Questo, almeno, per la parte “quantificabile” di ciò che l’uomo avrebbe dovuto corrispondere alla madre di suo figlio nel corso degli anni, ma a questa si aggiunge anche la quantificazione morale del danno, stabilita sulla base di altre sentenze che hanno di fatto equiparato il totale abbandono del figlio da parte di un padre a quanto il figlio stesso potrebbe subire con la morte del genitore.
Con l’aggravante personale, se vogliamo, che da un genitore morto non si può più ricevere un rifiuto, mentre da un genitore ancora vivo può sempre arrivare un nuovo “no” a ogni richiesta di vedersi e conoscersi.

Come si fa a quantificare economicamente un abbandono?

Pare, anzi, sia stato proprio l’ennesimo rifiuto dell’uomo a far scattare la richiesta di risarcimento, arrivata dopo 30 anni di totale assenza, durante i quali è stata unicamente la madre a farsi carico della crescita di un figlio affetto da lievi difficoltà cognitive e che ancora oggi non è economicamente indipendente, mentre il padre ha proseguito per la sua strada senza più voltarsi indietro, avendo poi altri figli da una successiva relazione.
Ora la giustizia è chiamata a esprimersi, con la consapevolezza che, comunque, per quanto cospicuo potrà essere il risarcimento (se ci sarà), il vuoto di un abbandono non potrà mai essere del tutto riempito.