Siria. Non c’è posto sicuro al mondo per milioni di piccole vittime della guerra: aiutarli oggi per non perderli per sempre

neve in siriaSostegno a distanza Siria – I numeri non hanno pietà. Come la guerra. Il bilancio di oltre 5 anni di conflitto pesa come un macigno freddo e spietato nei confronti dell’infanzia siriana. Tanto all’interno del Paese quanto all’esterno. Come dimostra quanto accaduto ad Aleppo nella notte di giovedì 28 aprile, quando un raid aereo ha colpito e distrutto l’ospedale  al-Quds, l’ultimo centro pediatrico rimasto in città, provocando la morte di almeno 33 persone, tra medici e bambini, compreso l’unico pediatra ancora operativo ad Aleppo. Una tragedia che mette in serio pericolo la tregua che faticosamente era stata stabilita in quella regione.

Oggi più che mai dunque è necessario aiutare la popolazione rimasta in Siria. Con la sua campagna di sostegno a distanza Io non voglio andare via, Amici dei Bambini è attiva per assicurare ai bambini e alle famiglie siriane che sono rimaste nel loro Paese i diritti fondamentali per la sopravvivenza.

Da marzo 2011, la guerra ha colpito 8,4 milioni di bambini, più dell’80% dell’infanzia siriana.

Degli 8 milioni di siriani sfollati all’interno del Paese, si stima che 2,8 milioni siano proprio bambini. Per molti di loro, la malnutrizione, la mancanza di accesso alle cure sanitarie e all’istruzione ne stanno mettendo a rischio il futuro e la stessa sopravvivenza. Sono 8 su 10 i bambini siriani che attualmente hanno bisogno di assistenza umanitaria e 4 su 10 sono quelli che hanno dovuto lasciare la propria casa. Mentre innumerevoli ospedali e strutture mediche sono stati distrutti e i servizi di vaccinazione non sono più disponibili per almeno un terzo dei minori sotto i 5 anni, alcune malattie come il morbillo e la meningite hanno tornato a mietere piccole vittime. Nel frattempo, dall’inizio della guerra si sono contati 4mila attacchi a edifici scolastici: oggi una scuola su 4 è stata danneggiata, distrutta o occupata e la metà dei bambini siriani non va più a scuola.

Ma la situazione non è più incoraggiante per i rifugiati all’estero, a dimostrazione del fatto che l’emigrazione non è sinonimo di miglioramento delle condizioni di vita. Dei 4,8 milioni di rifugiati siriani, almeno la metà sono bambini. Di questi circa 2milioni vivono tra Turchia e Libano. Anche qui però i livelli di povertà sono elevati, l’accesso all’istruzione bassa, mentre molti minori mostrano sintomi di stress psicologico post-traumatico. Solo in Libano, 8 piccoli siriani su 10 non sono iscritti a scuola. In un campo turco che ospita 8.360 persone, il 40% dei bambini mostra sintomi da stress post-traumatico. Non migliore la situazione in Giordania, dove più del 60% dei piccoli profughi siriani vive al di sotto della soglia di povertà. Tutto ciò mentre solo un bambino siriano su 20 ha trovato asilo nell’Unione Europea e la Gran Bretagna ha recentemente detto “no” alla possibilità di accoglierne 3mila nel proprio territorio.

Per aiutare le famiglie siriane rimaste nel loro Paese Ai.Bi. si è attivata con la distribuzione di ceste alimentari, di pane e di razioni di cibo ready to eat, oltre a proseguire con i servizi ludico-educativi nella ludoteca sotterranea realizzata a Binnish. In tutto più di 12mila persone potranno ritrovare la speranza nella terra che le ha viste nascere. Per fare in modo che tutto ciò diventi realtà, è necessario un contributo piccolo ma continuativo da parte di tutti: il sostegno a distanza a supporto degli interventi di prima e seconda emergenza di Ai.Bi. in Siria.

 

Fonte: Pbs.org